14 Maggio 2022

Procedure e tracciabilità alimentare.

Tiziana Procopio

tempo di lettura: 4 min

Foto di Philip Neumann da Pixabay
Abbiamo già affrontato in precedenza il concetto di rintracciabilità alimentare, ovvero il percorso a ritroso dal prodotto alimentare alle materie prime, lungo tutta la filiera produttiva.

Il fine ultimo di tale percorso e lo stesso vale anche per la tracciabilità (per il percorso inverso, dalle materie prime fino al prodotto finito lungo tutta la filiera produttiva), è quello di rilevare e analizzare, in caso di non conformità (NC), le eventuali fasi in cui il livello di rischio sia divenuto tale da causare l’errore (anche detto pericolo di contaminazione alimentare).

Cosa tracciare.

Il Regolamento (CE) n.852/2004 definisce le linee guida da seguire per tutte le attività produttive che destinano alla commercializzazione di prodotti alimentari non di origine animale, a cui riferisce invece il Reg. (CE) n. 853/2004.

Come detto, ciò che la normativa impone alle aziende produttrici riguarda soltanto Linee guida per obiettivi, lasciando libera creatività alle aziende su come perseguirli, a seconda delle caratteristiche di ogni singola unità produttiva e prodotto in produzione.

Come ci si orienta?

Si parte soprattutto dalle esigenze produttive, dalla tipologia di prodotto e dall’analisi dei rischi da parte di un professionista, per poi definire eventuali punti critici da monitorare e rilevare dati specifici per alcuni segmenti puntuali della produzione.

Come tracciare.

Anche sui metodi di rilevamento, la normativa, lascia libera organizzazione all’azienda produttrice rispetto al come arrivare all’obiettivo di rilevamento per la tracciabilità e rintracciabilità finali.

C’è tuttavia un principio cardine nella definizione dei piani di autocontrollo e nel monitoraggio delle produzioni: mai ostacolare la produzione, che rimane di primaria importanza, anche dinanzi ad un obbligo normativo. Il buonsenso del professionista deve far prevalere la necessità di non ostacolare il guadagno aziendale per più motivi:

  1. L’obbligo normativo perché divenga accettato e compreso dall’imprenditore è importante che non sia per l’azienda un nemico, un competitor: la normativa deve essere uno strumento per l’imprenditore, non già un mero dovere.

  2. Anche se richiede maggiore impegno, l’utilizzo del sistema di autocontrollo deve essere proposto all’imprenditore come uno strumento che può anche supportare e incentivare un miglioramento nelle produzioni aziendali e nell’organizzazione del sistema produttivo: a prescindere dall’obbligo normativo.

Pertanto, una volta analizzate le fasi produttive nel dettaglio, si procede al mero rilevamento dati da parte dei preposti alle mansioni di coordinamento e dei responsabili, tramite procedure.

Perché tracciare.

Pochi attenti consumatori sanno che le informazioni in merito alla tracciabilità rilevata, anche presso punti vendita della GDO (soprattutto!), sono a disposizione di tutti i consumatori in qualsiasi momento.

In prossimità dei banchi di preparazione di carne, pesce, gastronomia, pasticceria, sono presenti tabelle e documenti attestanti l’origine dei prodotti in vendita: non solo, viene riportata l’origine del prodotto con tutte le fasi della filiera produttiva, che rimangono in disponibilità di tutti i consumatori, anche se i prodotti presenti in queste particolari aree di trasformazione (perché il taglio è una fase di trasformazione di prodotto), sono prodotti non ancora confezionati e pertanto non provvisti di etichetta ben visibile.

Oltre alla trasparenza per il consumatore e all’obbligo di legge, poter tracciare le materie prime commercializzate e provenienti da altre fasi della filiera, consente anche ad ogni singolo produttore e/o venditore, di lavorare bene e in maniera più efficiente e funzionale.

Sull’etichetta non compare.

Tutto il lavoro dei vari passaggi di filiera, è un lavoro quotidiano e attento, che si, talvolta non viene sufficientemente valorizzato.

Tuttavia, in etichetta, ormai da diverso tempo, è obbligatoria l’indicazione dell’origine del prodotto: carne, pesce, insaccati o trasformati della carne, olio d’oliva, miele e uova.

Non di meno, negli ultimi anni anche latte e derivati, pasta, pomodoro e derivati, riso, hanno avuto il via libera del Ministero dell’Agricoltura per la prova sperimentale sull’indicazione dell’origine in etichetta.

Il perché ridurre la tracciabilità della filiera a una mera indicazione di origine in etichetta è presto detto. Conoscere la provenienza di un alimento determina:

  • la conoscenza delle condizioni in cui esso è stato prodotto (anche se solo a grandi linee e di difficile reperimento nel dettaglio);

  • la conoscenza del tragitto che il prodotto ha percorso fino alla nostra tavola;

  • la conoscenza delle normative differenti tra diversi continenti, o anche solo al di fuori dell’Italia (che rimane il più efficiente sistema di sicurezza alimentare ad oggi).

Pertanto, e ancora una volta, riteniamo opportuno suggerire l’utilizzo e l’acquisizione di informazioni essenziali e soprattutto disponibili per il consumatore, ogni qual volta ci si trovi ad acquistare un prodotto agroalimentare.

L’informazione e la conoscenza sono sempre a favore della qualità.

La nostra scelta, in massa o singola, determina l’andamento del mercato, delle norme, del sistema qualità di ogni singolo produttore. Volente o nolente.

L’informazione è uno strumento.

Guidati, è meglio.


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Tiziana Procopio

Ciao, sono Agronomo e Auditor, mi occupo di gestione aziendale in ambito agroalimentare, ma anche formazione, qualità e sicurezza.

Chiediti cosa sei chiamato a fare, e poi fallo con passione. Guidati, è meglio. 

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