28 Giugno 2025

Compagna di viaggio. Un brano.

Barbara Nives Bigi

tempo di lettura: 4 min

Foto di Luiz Felipe su Unsplash
La mattina successiva Valeria tornò a questa dimensione lentamente, rimase a occhi chiusi per parecchio tempo mentre assaporava il profumo caldo e muschiato della pelle di Carl.

Godeva del piacere che le dava il petto villoso di lui sotto la guancia. Era perfettamente consapevole che lui stava vegliandola già da un po’, sentiva la sua mano accarezzarle i capelli con dolcezza. Era una sensazione piacevole e non trovava il coraggio di aprire gli occhi e interrompere l’incanto di quel momento. Alla fine decise di dare qualche segno di vita: arricciò il naso, si stropicciò un occhio poi, appoggiò una mano sul petto di lui e si mise a giocare con la peluria nera che lo ricopriva. Si stiracchiò. Carl non smise di accarezzarle i capelli e le sussurrò all’orecchio con dolcezza: 

«Ti sei lamentata molto questa notte. Sembravi molto turbata. Ti calmavi un po’ solo se ti stringevo forte. Mi hai fatto preoccupare».

Lei, incredula, si mise a sedere con le gambe incrociate. I capelli le caddero a ripararle solo un po’ il torace nudo, ma lasciarono scoperto il seno. Il lenzuolo che l’aveva protetta durante la notte le era scivolato sul corpo e dal candore del tessuto si affacciavano solo le ginocchia e una coscia. 

Era seria e indispettita, stava per mettersi a parlare, ma Carl non la lasciò neppure iniziare: 

«Quanto sei bella. Come fai a non capire che tutta questa bellezza di prima mattina mi turba e mi confonde. Se solo ti vedessi con i miei occhi …».

«Come?» chiese lei, perplessa.

«Dico che non riesco a seguirti, qualsiasi cosa tu voglia dirmi».

Si spostò su di un fianco e sollevò la testa. Per rimanere in quella posizione fu costretto a piegare il cuscino e a puntarvi contro un gomito. Lei approfittò del momento di silenzio per dire la sua:

«Ma come fai a stupirti del mio sonno agitato? Carl è morta mia madre! Cosa ti aspetti da me?».

«Non mi aspetto nulla … o forse mi aspetto … mi aspettavo di vederti arrabbiata! Invece tu e tuo padre sembrate così sereni e in pace. L’unico a essere arrabbiato credo di essere io. Mi sono sentito così stupido in vostra compagnia. E non ce la facevo più a essere l’unico stupido disperato! Come fate a pensare che il vostro Dio sia buono, ancora oggi?»

Lei rimase immobile a osservarlo a lungo. Carl abbassò lo sguardo e con la mano libera si mise a pulire il lenzuolo da pelucchi immaginari. 

«Scusami, non volevo dire una cosa sbagliata. Non posso perderti ancora».

Il volto di Valeria si addolcì e riprese a parlare con un tono diverso:

«Mi hai perso perché non ti confidavi con me. Non esiste la cosa sbagliata da dire, voglio sempre sapere cosa hai in testa». Gli scarmigliò il ciuffo prima di proseguire. 

«Carl, però voglio che tu capisca cosa penso: come puoi incolpare Dio di quel che è successo? È così facile dare la colpa a Lui. Secondo me è un po’ come dare la colpa alla maestra se prendi un brutto voto. La colpa è tua che non hai capito e non hai studiato … voglio dire, Lui ti dà un tempo … la vita e la morte si rincorrono e si completano come la luna e il sole. Forse il tempo non è uguale per tutti, ma non è detto che un tempo lungo sia migliore e più proficuo di un tempo corto. Ci sono persone che fanno fruttare molto meglio il loro tempo di altre che hanno vissuto cent’anni. Secondo me non è importante il quanto, ma il come. Ci dona la vita perché impariamo COME viverla.»

Poi aggiunse:

«Sì! Mi sono molto arrabbiata subito … quando ho saputo che la mamma era ammalata, ma lei col suo modo di vivere ci ha lasciato un'eredità meravigliosa, e io voglio portarla avanti per quanto mi è possibile. Capisci?».

Carl aveva un’espressione confusa, ma la ascoltava. Dopo un po’ fece un cenno affermativo con la testa e lei continuò:

«Mia madre con le sue ultime scelte ci ha insegnato una lezione importante. Ci ha insegnato che il bicchiere può essere visto o mezzo pieno o mezzo vuoto. Io ho scelto di vederlo mezzo pieno, di gioire di tutto il tempo che ho avuto da passare con lei, di tutto l’amore che mi ha dato, di tutto quello con cui lei ha riempito la mia vita. È stato così tanto che potrò goderne ancora per molti anni».

Prese fiato, aveva le guance in fiamme, si sentiva accaldata ma volle comunque proseguire:

«Tu hai scelto di vederlo mezzo vuoto, di vedere quello che hai perso, il tempo che avresti potuto avere con lei, ma ti è stato negato. È questo che ti fa arrabbiare, ma scusa se te lo dico: non serve a nulla. Se ti è più semplice prendertela con Dio, sei liberissimo di farlo, ma fossi in te mi guarderei allo specchio. Sei tu che hai scelto il bicchiere mezzo vuoto, che hai deciso di guardare quello che non hai avuto. Che hai scelto la rabbia. Per cui, sì, mi manca, sì, soffro, sì, vorrei toccarla e sentire la sua voce, sì, vorrei avere la certezza che sta bene, ma non sono arrabbiata, sono solo triste».

Carl la guardò e poi senza dire una parola si mise a piangere in silenzio. Lei gli strinse la mano e lo lasciò fare.



L'ARTICOLO È UN BREVE ESTRATTO DEL LIBRO "COMPAGNA DI VIAGGIO" DI BARBARA NIVES BIGI (IN VENDITA SU IBIS, MONDADORI, LIBRERIA UNIVERSITARIA, IL LIBRACCIO, FELTRINELLI, LIBRO CO. ITALIA, HOEPLI, AMAZON)


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Barbara Nives Bigi

Ciao! Mi chiamo Barbara e sono una scrittrice. Lavoro come impiegata ma continuo a coltivare le mie passioni: lettura, fotografia, ricamo, lavorazione del feltro, pittura, lavorazione della creta e scrittura.

La vita può anche provare a fregarti, ma tu non ti arrendere mai.

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