26 Luglio 2025

Compagna di viaggio. Un secondo brano.

Barbara Nives Bigi

tempo di lettura: 6 min

Foto di Jason Abdilla su Unsplash
Indossò la solita tuta ed una sciarpa certa che la temperatura esterna fosse tale da permetterle di uscire senza indossare guanti e cappello. Victoria l’accompagnò lungo il vialetto fino al cancello, poi preferì tornare sui suoi passi, era troppo vecchia per trotterellarle dietro sull’argine del fiume come faceva quando era una giovane gattina, così Valeria proseguì la sua corsa da sola col solito ritmo sostenuto. Le ci volle un po’ per realizzare che non c’era poi così caldo. Il sudore che le imperlava la fronte e le scendeva lungo la schiena le si ghiacciava addosso per cui decise di tornare sui suoi passi verso casa. Si rimproverò per aver preso con troppa leggerezza le decisioni sul suo abbigliamento. Dovette rallentare il ritmo della corsa. Ad un certo punto si rese conto di ansimare in modo sproporzionato allo sforzo che stava compiendo. Il sudore freddo sulla fronte le causava delle spiacevoli fitte alla testa. 

«Accidenti che stupida che sei Valeria. Adesso ti verrà un bel mal di testa e per evitarlo ti sarebbe bastato un cappello».

Si rimproverò e decise di rallentare ma aveva la sensazione che il dolore alla testa continuasse ad intensificarsi. Le venne un po’ d’ansia e preferì chiamare Carl. Non se la sentiva di fare tutto il percorso da sola, se il dolore fosse peggiorato non sapeva cosa poteva succederle. Questo pensiero la tormentava e l’angoscia cresceva col passare del tempo. Il dolore peggiorava come se un martello le battesse forte sulle tempie. Dovette sedersi a terra e seguendo l'istinto si premette le mani sulle orecchie, un rumore forte e ripetitivo la assordava, non riusciva a capire cosa fosse. Rimase così, avviluppata su se stessa mentre ripeteva in un sussurro continuo: 

«Cos'è questo suono? Sembra un cuore che batte. Ho freddo. Accidenti che dolore. Cosa ne era stato di quella bambina che di notte correva per le vie di Castel Nuovo alla ricerca del fantasma della principessa? Cosa ne è stato di me? Questo suono cos'è? Da dove viene? E se Carl non mi trova... cosa mi succederà? Dov'è la bambina che cerca la principessa?» 

Si dondolava. Non lo vide arrivare. Carl la chiamava ma lei non poteva rispondere. Respirava a fatica e sgranava gli occhi, continuava a tapparsi le orecchie nella speranza che il rumore del cuore cessasse. Valeria si sentì abbracciare. Carl l'aveva trovata. Riconobbe subito il suo profumo e la delicatezza dei suoi gesti. Si fece forza e sollevò la testa per guardarlo, mentre lui le sistemava i capelli sudati dietro le orecchie, anche con gli occhi appannati si rese conto che lui era più sconvolto di lei. Lo sentì sussurrare tra i denti con rabbia: 

«Stai calma. Piccola stai calma che forse è solo mal di testa. Il dolore comunque è meglio della paura. Il dolore si cura con un analgesico ma non esiste una pastiglia per la paura ed anche esistesse non riuscirei mai a convincerti a prenderla. Cazzo stai calma, vedrai che non è niente.»

Si mise a cullarla.

«Vally mi senti? Come stai? Cosa ti senti? Cos’hai Vally?»

Le chiese e Valeria, che aveva la sensazione di vivere quasi un'esperienza extracorporea, riuscì a pensare che Carl si sforzava di usare un tono tranquillo ma stava per perdere il controllo. Si rese conto di non voler essere la causa dell'angoscia di lui e comandò alla sua bocca di rispondere:

«Parla piano mi scoppia la testa!»

«Così tanto?»

La ragazza continuava ad ansimare e sgranava gli occhi in modo innaturale, si sentiva strana. Lo afferrò per la maglietta.

«No. In realtà non così tanto … ma abbastanza da dover prendere qualche stupida medicina ed io non posso farlo. Accidenti lo capisci che non posso prendere medicine? Perché non lo capisci?»

Aveva la voce alterata, pareva isterica.

«Valeria calmati! C A L M A T I !»

Le ordinò scuotendola, col solo risultato di farla agitare di più. 

Lo sentì fare dei respiri profondi.

«Vally scusami non volevo farti paura. Cerca di stare tranquilla. In macchina ho una coperta. Se ti scaldi sono sicuro che il male passa e forse riuscirai a non prendere farmaci. Sei tutta congelata e bagnata. Devi solo respirare con calma come tu sei capace di fare. Respira piano».

Gli si aggrappò, come fosse il suo angelo custode, cercò i suoi occhi e continuò a fissarlo mentre tentava di ridare un ritmo regolare e lento al suo respiro. Riprese in parte il controllo del suo corpo e delle sue facoltà mentali.

«Dici che se mi calmo posso fare senza farmaci?»

«Probabilmente sì. Andiamo al caldo. Staremo meglio tutti e due, qui fuori si gela e tu sei poco vestita».

Si alzarono a fatica da terra e si avviarono abbracciati verso l’auto poco distante.

«Non ho tanto male ma mi dà delle fitte tremende»

«Credo sia il freddo»

«Dici sia solo il freddo? Non mi sta capitando nulla di brutto? Non perderò il controllo?»

«Mi pare tu lo abbia già perso, lo stai riprendendo … Almeno spero»

«Non intendevo il controllo sulla paura ma, sulla mia vita. Non resterò incosciente?»

«Porca miseria Valeria, ma cosa dici? Quante volte hai avuto male alla testa in vita tua? Non ti è mai successo niente di più che dover prendere una pastiglia»

«Adesso mi sembra peggio. Più difficile»

«Non è peggio, ne hai solo paura. Per favore sali in auto che ti copro»

Carl le fece indossare una giacca che teneva nel bagagliaio e la coprì con delicatezza con un panno, le sistemò i capelli per un po', le accarezzò il viso, la baciò in fronte e chiuse la portiera. Lo vide girare intorno all'auto, aveva lo sguardo perso e si sistemava gli occhiali mentre camminava con una strana lentezza, poi salì in auto e per un po' non disse nulla. Chiuse gli occhi mentre lasciava cadere la testa contro il poggiatesta e sospirò una volta sola. Valeria trovò il coraggio di rompere il silenzio, deglutì per ingoiare il nodo che aveva in gola prima di parlare:

«Scusami Carl, mi dispiace così tanto. Non volevo spaventarti. Non voglio rovinarti la vita. È che non so cosa fare...»

Mentre parlava sentì le lacrime rigarle le guance.

«Non mi rovini la vita. Non dire stupidate»

Lui si girò, le sorrise e col pollice le asciugò il viso:

«Hai tutte le guance rosse»

«Come i capelli?»

«Si un po' come i capelli. Sono belle»

Staccò la mano dal suo viso e la lasciò scivolare sotto il panno fino a raggiungere quella di lei. Rimasero per un po' in silenzio a guardarsi. Poi le disse:

«Non so cosa devi fare Vally. Cazzo non sai come vorrei avere una risposta, ma voglio che tu ti ricordi sempre che io ci sono. Non ti mollo. Usciamo anche da sta storia. Te lo prometto. Non so ancora come ma te lo prometto»

Valeria esausta fece un cenno affermativo con la testa.

Carl mise in moto e partirono, lei lasciò vagare lo sguardo fuori dal finestrino, finché non lo sentì dire:

«Devi rivolgerti a un medico. Intendo uno psicologo. Qualcuno che ti aiuti»

La ragazza si girò di scatto a guardarlo. Più che un'affermazione pareva un ordine ma, non aveva voglia di ribattere. Andarono verso casa senza più dire una parola. 


L'ARTICOLO È UN BREVE ESTRATTO DEL LIBRO "COMPAGNA DI VIAGGIO" DI BARBARA NIVES BIGI (IN VENDITA SU IBIS, MONDADORI, LIBRERIA UNIVERSITARIA, IL LIBRACCIO, FELTRINELLI, LIBRO CO. ITALIA, HOEPLI, AMAZON)


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Barbara Nives Bigi

Ciao! Mi chiamo Barbara e sono una scrittrice. Lavoro come impiegata ma continuo a coltivare le mie passioni: lettura, fotografia, ricamo, lavorazione del feltro, pittura, lavorazione della creta e scrittura.

La vita può anche provare a fregarti, ma tu non ti arrendere mai.

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