14 Giugno 2025

Stralci del “L’incanto”. Il seguito.

Barbara Nives Bigi

tempo di lettura: 6 min

Foto di insung yoon su Unsplash
I miei figli, come credo la maggior parte dei bambini, adorano fare il bagno assieme. Ridono, giocano e si tuffano. Facevamo così anche io e Dany, quando eravamo piccoli. Ci divertivamo da morire. Ci sdraiavamo nella vasca tenendoci chiuso il naso con due dita, perché ci piaceva immergerci e sentire i capelli fluttuare leggeri nell’acqua.

Quanti giochi facevamo, e quante chiacchiere. Era un momento tutto nostro, molto intimo, e quando la mamma veniva a chiamarci per farci uscire era sempre troppo presto. E noi protestavamo e continuavamo a farlo anche quando ormai ci aveva fasciato negli asciugamani di spugna, morbidi e profumati di bucato, e non smettevamo neppure mentre ci frizionava forte i capelli. Oggi i miei figli fanno la stessa cosa. Certe cose restano inalterate nel tempo e attraversano le generazioni.

Dopo il bagno ci mettevamo sul letto di mio fratello e lui mi leggeva i fumetti. Ha sempre avuto uno spiccato senso dell’umorismo e come li leggeva lui, non me li ha mai letti nessuno! Ridevamo talmente tanto che dovevamo tenerci la pancia e ci scendevano le lacrime. Fino a sera, poi, ogni tanto ce ne uscivamo con una battuta del fumetto e riprendevamo a ridere. Bastava anche solo che ci guardassimo, e venivamo colti da attacchi di ilarità. Era bello perché era una cosa che capivamo solo noi, un segreto al resto del mondo.

Quando le bimbe tornano dalla missione Biancheria Sporca, le aiuto a entrare in acqua tra le loro esclamazioni di gioia. Si siedono e iniziano subito a giocare. Per un po’ le schizzo, poi mi rendo conto che non hanno più bisogno di me, sono assolutamente autonome. Stanno cavalcando l’onda della loro fantasia. Mi fermo per un attimo a osservarle, poi mi lascio cadere all’indietro e mi siedo a terra, con la schiena appoggiata al mobile del lavandino.

È uno di quei momenti in cui il tempo si ferma e hai la sensazione di vedere la tua vita da fuori… dall’alto. Ho saputo di teorie che sostengono che stia passando un angelo e il suo battito d’ali ci dia la percezione di essere sospesi al di fuori del tempo. Non so se sia vero, ma mi piace pensare che il mio angelo mi stia volando accanto con aria compiaciuta. Mi vedo seduta con le braccia appoggiate alle ginocchia piegate, le mani protese in avanti che sgocciolano non curanti sul pavimento, i piedi nudi sulle piastrelle fredde e l’espressione serena ed ebete di chi ha, appunto, appena toccato con mano l’incanto della vita, perché sento che in questo momento la mia vita è perfetta.

Sento Gabriele e Francesco parlare allegramente, come se potessi vederli. Hanno spento la TV, ma non capisco di cosa stiano dialogando. Mi colpisce la melodia della loro conversazione. Ascolto Emanuele suonare la chitarra dolcemente. Guardo Rachele Maria e Rosalina giocare, schizzarsi a vicenda e ridere.

Manu, mi manca il fiato! Improvvisamente realizzo di essere la donna più felice della terra. Cosa si può volere di più dalla vita? Questa è la vita.

È l’emozione più forte che una donna possa provare. Questa cosa è capitata a me e io sono quella donna fortunata che ha tutto questo amore intorno. Improvvisamente vengo sopraffatta dall’incanto di questo momento di gioia, che mi toglie il fiato e mi commuove. Cosa posso desiderare di più? Nulla. Posso solo ringraziare il mio angelo perché io, dalla vita, ho avuto tutto.

LA MIA VITA È L’INCANTO.

Capisci cosa cerco di comunicarti?

Vengo risucchiata alla realtà da Raky, che mi domanda: <<Mammina, perché stai piangendo?>>

<<Perché, Pasticcia, sono molto felice!>> le rispondo d’impeto, anche se non mi ero neppure accorta del mio stato.

La cosa le deve sembrare assolutamente normale, tanto da non essere per nulla turbata, sorride e non aggiunge altro. Ricomincio a giocare con le mie bambine, mentre rido e piango insieme. Ho un mondo di emozioni che mi tumultuano dentro.

A furia di giocare, schizzare e agitarsi, l’acqua della vasca è tutta una bolla di sapone. Le mie ragazze hanno i capelli pieni di schiuma bianca, come se delle nuvolette si fossero impigliate sulle loro teste. Corro in camera a prendere la macchina fotografica e faccio qualche scatto: qualche primo piano, qualche particolare delle bolle che Raky soffia via dalle mani e della bolla enorme che si è formata sul naso di Rosy, e che si gonfia e si sgonfia al ritmo del suo respiro.

Come sono buffe!

Giocando, immergo una mano nell’acqua e mi accorgo che ormai è quasi fredda, così chiamo un po’ allarmata mio marito: <<Fra, vieni ad aiutarmi, che le tiro fuori prima che prendano freddo!>>

<<Arrivo!>> Mi urla dalla sala.

In pochi istanti è da noi e allora esorto le bimbe: <<Avanti, in piedi che vi lavo con la doccia calda!>>

La prima a sollevarsi è Rachele, per cui mi rivolgo a Rosy: <<Rimani seduta. Stai sott’acqua finché non ho finito con Raky, altrimenti ti prendi un malanno.>>

Ci mancherebbe solo che si ammalasse proprio i primi giorni che è con noi. Non sarebbe una buona partenza.

Inizio a risciacquare Rachele, che tra mille contorsioni e tante risate, come sempre brontola.

<<Mi fai il solletico mamuska! Stai più lontana col doccino!>>

<<Ma se sto lontana, bagno ovunque! Non devo fare il bagno al bagno. Sopporta un attimo!>>

Non sai allora cosa decide di fare. Mi si butta al collo, baciandomi su una guancia e sussurrandomi all’orecchio: <<Ti voglio bene mammina.>>

Colta di sorpresa, trattengo d’istinto il fiato per due secondi, cercando di raccogliere le idee, poi fingo di essere arrabbiata e le urlo: <<Aiuto! Mi bagni tutta! Guardami Pasticcia, sembra che io abbia fatto il bagno!>>

Scoppio, però, subito a ridere. E abbracciandola a mia volta, le bisbiglio: <<Anch’io. Anch’io. Anch’io!>> Stringendola forte e stropicciandola tutta.

Rosy, perplessa, osserva la scena. In un primo momento, preoccupata, cerca di capire quanto sono effettivamente adirata e nel farlo si dimentica di respirare, poi quando si rende conto che sto giocando, scoppia a ridere e si butta su di noi.

<<Ecco, siamo di nuovo tutte insaponate!>> Brontolo stringendole forte. <<Aiutami, papà!>>

Il papà ci osserva dalla porta con aria divertita. Lo guardo con l’occhio languido, e come se esalassi l’ultimo respiro, lo imploro: <<Aiutami…>>

<<Tocca sempre fare tutto a me!>>, protesta lui ridendo sotto i baffi, anzi sotto la barba, nel suo caso. <<Poccione, guardate come avete ridotto il bagno!>>

<<Ti preoccupi del bagno e non di me?>> Lo rimprovero fingendomi offesa.

Lui inizia a sciacquare le bambine stando ben attento a bagnare anche me.

<<Nooo!>> Tento di protestare, ma naturalmente non serve a nulla e in un attimo sono tutta inzuppata.

Tolgo il tappo per far defluire l’acqua e mi allungo a prendere gli asciugamani. Ne passo uno a Fra, che infagotta Rosy mentre io lo imito con Raky. Le estraiamo di peso dalla vasca da bagno e le portiamo sul nostro letto. Nel tragitto, si acciambellano sempre di più nei nostri abbracci come fossero gattini.

Arrivati in camera iniziamo a frizionarle con i teli di spugna caldi e morbidi, e loro godendo delle coccole si allungano e si abbandonano alle nostre cure.

Quando le bimbe sono asciutte le lascio a mio marito, che le riveste mentre io mi cambio gli abiti bagnati, continuando a osservarli dal bagno della camera.

Fra, giocando con loro, finge smarrimento: <<Ma io non so come si mettono queste cose! Non sono una femmina io! Questo cos’è, un cappellino?>> Scherza, rigirandosi tra le mani un paio di mutande che poi finisce con l’infilarsi sulla testa come se fossero, appunto, un copricapo.

Rosy esclama entusiasta: <<No, no! No capelo!>> Sbagliando tutte le doppie e mangiandosi un po’ le parole, ma creando comunque un clamoroso colpo di scena che come sempre ci colpisce e ci rende felici.

Rosy ride e Raky incalza contenta: <<Ma papà, sono le mie mutande!>> E gliele strappa dalla testa per mettersele.

È bello guardarli giocare così. Fra è proprio bravo con loro, le tiene occupate con scherzi e giochi anche dopo che sono completamente rivestite. So che lo sta facendo non solo perché ama giocare con loro, ma anche per concedermi cinque minuti di tranquillità. È sempre molto attento e io apprezzo tanto il suo gesto, gliene sono grata.


L'articolo è un breve estratto del libro "L'incanto" di Barbara Nives Bigi (in vendita su Badiglione Editore)

 

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Barbara Nives Bigi

Ciao! Mi chiamo Barbara e sono una scrittrice. Lavoro come impiegata ma continuo a coltivare le mie passioni: lettura, fotografia, ricamo, lavorazione del feltro, pittura, lavorazione della creta e scrittura.

La vita può anche provare a fregarti, ma tu non ti arrendere mai.

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