Questo sito web utilizza i cookies per garantire all'utente la migliore esperienza possibile quando visita il sito web. L'utente è invitato a prendere visione della Privacy Policy per maggiori informazioni in merito. Facendo clic su "Accetto", l'utente accetta l'uso dei cookies non essenziali
IgnoraAccetto
8 Aprile 2023
Come funzionano i Talent Show?
Andrea Caracciolo
tempo di lettura: 6 min
I talent show hanno preso il
sopravvento agli inizi del 2000 nelle TV commerciali e pubbliche. Nel corso
degli anni sono stati svariati i titoli di talent show che hanno portato al
successo artisti dei quali ancora oggi sentiamo parlare.
Da alcune ricerche risulta che la loro
nascita è avvenuta in Gran Bretagna con Idols o Pop Idol nel 2001, creato da
Simon Fuller, anche se MTV a fine degli anni ‘90 propone The Cut senza successo
se non per la cantante Anastacia.
I talent show sono una conseguenza
dei reality show o se vogliamo una risposta un po' più creativa. Ogni Paese ne
ha diversi e negli anni si sono globalizzati.
Nel 2003 Simon Cowell crea The
X Factor che è diventato un format esportato in tutto il mondo, riscuotendo un enorme
successo in Europa (tranne in Svezia) e Australia (tranne che nell’America del
Nord).
La struttura di Idols e X Factor è
simile:
la giuria composta da famosi cantanti, celebrità
o famosi discografici, ascolta in una prima fase di audizione una serie di
aspiranti cantanti, giudicandone la voce e l’immagine;
scelti i primi talenti, il talent propone una
serie di fasi in cui i prescelti devono convincere i giudici a guidarli in un
percorso che possa permettergli di ottenere la vetrina televisiva;
sarà, poi, il pubblico da casa a decidere chi sarà
il fortunato artista che può vincere il contratto discografico con un budget da
capogiro.
Nel 2010 gli olandesi propongono
il format The Voice, che diventa subito un format di successo e sbarca prima
negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo.
The Voice ha una struttura diversa:
i giudici vengono scelti dalla produzione
televisiva e dagli autori con criterio di marketing per creare un forte hype al
programma;
in questo caso devono giudicare, a differenza di X Factor, soltanto ascoltandone la voce, infatti, per
chi ha visto il programma, i giudici sono girati di spalle con tanto di
pulsante che il giudice premerà se è quella la voce che vuole nella sua squadra;
dopodiché, i concorrenti vengono messi uno
contro l’altro, creando un vero torneo, prima all’interno delle squadre stesse e
poi chi resta si schiera contro le restanti.
The Voice è ancora uno dei talent
di maggior successo, anche se in Italia solo recentemente con l’edizione Senior
e l’edizione Kidz. X Factor, d’altro canto, nel suo Paese natio ha chiuso i
battenti e sembrerebbe aver chiuso i battenti anche in altri paesi del mondo, nonostante
in Italia continui ancora a funzionare anche se con diversi rebrand al format.
In Italia, il talent show di
maggior successo, che si può definire un vero prodotto made in Italy ancora non
esportato all’estero, è Amici di Maria De Filippi, conosciuto anche come
Saranno Famosi nelle prime 2 edizioni, nome che probabilmente è stato cambiato
per problemi di copyright con la famosa serie televisiva anni ‘80. Bisogna
precisare che in Italia ci sono stati svariati tentativi di talent come:
Operazione Trionfo, ispirato dal format olandese Star Academy e Popstar,
ispirato dal format zelandese.
Sono stati dei mezzi sostitutivi
allo scouting delle case discografiche. Tutto si può concentrare attorno al
meccanismo delle etichette: prendiamo l’artista che raggiunge visibilità
tramite la vetrina televisiva, in modo tale da mettere su questo “prodotto” il
nostro marchio, risparmiando soldi dal budget del contratto discografico per
ottenerne ancora di più su un prodotto che è già valido grazie all’approvazione
del pubblico consumatore.
Nell’era pre-social media sono
stati i veri A&R delle case discografiche. Si precisa che ogni talent show
ha una partnership con una multinazionale discografica, essendo il premio del talent
show un contratto discografico: X Factor con Sony; The Voice con Universal; Amici
con le precedenti multinazionali con sede in Italia, più Warner e anche le case
discografiche italiane indipendenti come Sugar e Carosello e quella del figlio
di Maria De Filippi e Maurizio Costanzo con la firma dei talenti che tramite il
programma raggiungono il successo.
In realtà il meccanismo dei talent
show è abbastanza contorto e complicato, senza fare polemica, sembrerebbe che
non è tutto ora quello che luccica.
Perché?
Probabilmente per colpa dei
social. Infatti, prima dei social, erano probabilmente l’ultima spiaggia per
tutti gli aspiranti artisti, senza un manager, avvocato e agenzia di booking
che consentiva loro di ottenere quella opportunità che avrebbe potuto
cambiargli la vita.
Nell’epoca dei social tutto è
cambiato, perché l’A&R si è reinventato ed è ritornato alla ribalta.
Probabilmente, questa polemica
nasce anche dal fatto che, prima, il punto forte dei talent era quello di
vedere il ragazzo o la ragazza della porta accanto che da bruco diventava
farfalla e questo processo era sotto l’occhio dei telespettatori che si innamoravano
sempre di più del personaggio. Oggi invece, nei talent si ritrovano artisti
semi conosciuti che sono passati da un talent all’altro oppure i figli d’arte e
che tramite i talent vogliono provare al mondo intero che il loro cognome non è
motivo di vantaggio.
Come vengono selezionati i
concorrenti?
Le produzioni televisive
innanzitutto selezionano a porte chiuse, tra la mole di mail ricevute, i candidati. Dopo
questa prima scrematura, invitano i candidati
selezionati a raccontare episodi di vita privata, quasi come se fossero dallo
psicologo e, proprio perché devono creare dello storytelling, la priorità è
come se andasse a tutti coloro che hanno subito un lutto, un episodio
drammatico della propria vita, un contratto fallimentare etc.
A volte sono le case discografiche
stesse che costringono gli artisti a partecipare al talent. Questo succede
perché, molto spesso, i direttori artistici dei talent show sono gli A&R
delle case discografiche stesse oppure lo diventeranno. È come se tramite
questo meccanismo le etichette volessero far esplodere il successo dell’artista
attraverso il talent e a costo zero.
Sono pochi, però, i casi di
artisti che tramite i talent sono riusciti ad ottenere un successo longevo; forse
in Paesi più piccoli si verifica più spesso che in quelli più grandi. In Italia,
infatti, sentiamo ancora parlare di artisti come Marco Mengoni, Giusy Ferreri,
Emma Marrone, Alessandra Amoroso, i Maneskin, Noemi ed Elodie. Basti pensare
all’enorme successo dei Maneskin all’estero che non si vedeva probabilmente da “I’m
Blue” degli Eiffel 65 o addirittura da “Volare” di Modugno, vista la nomination
ai Grammy nella categoria Best New Artist, una delle principali categorie degli
oscar della musica.
Quali possono essere i fattori
determinanti?
Probabilmente l’aver affidato un
team sbagliato agli artisti, oppure per gli artisti stessi trovarsi in una
situazione contrattuale scomoda in cui si sono sentiti non compresi o
probabilmente perché quello che sceglie il pubblico è diverso da quello che
serve ad una casa discografica.
Anche a livello internazionale le
cose non sono diverse, infatti in tutte le edizioni di American Idol, le uniche
vere vincitrici ad oggi possono considerarsi Kelly Clarkson, Jennifer Hudson e la
cantante country Carrie Underwood. Anche negli UK, X Factor non ha sfornato
artisti longevi, nel 2006 Simon Cowell era convinto che la sua protetta e vincitrice
di quell’edizione, Leona Lewis, sarebbe diventata la nuova Mariah Carey o
Whitney Houston. Il successo della Lewis dal secondo album in poi inizia a
calare, l’artista si ritrova a dover cedere hit che le erano state proposte e
che l’artista aveva già registrato, come “Halo” di Beyoncé, “We Found Love” di
Rihanna e “Burn” di Ellie Goulding alle rispettive case discografiche.
I talent stanno soffrendo molto
l’influenza dei social. Le produzioni cercano di ingaggiare artisti sempre più
famosi proprio per far sì che i programmi possano aumentare lo share.
Nonostante la vetrina televisiva,
anche i talent non riescono a “creare” artisti che possano avere una certa
longevità nel mondo dello show business e se questo accade è sempre 1 caso su 10.
Probabilmente perché il successo è solo una fase ed il pubblico cambia negli
anni richiedendo sempre qualcosa di nuovo.