Questo sito web utilizza i cookies per garantire all'utente la migliore esperienza possibile quando visita il sito web. L'utente è invitato a prendere visione della Privacy Policy per maggiori informazioni in merito. Facendo clic su "Accetto", l'utente accetta l'uso dei cookies non essenziali
IgnoraAccetto
14 Gennaio 2023
Chi si ferma è perduto. Analisi
e riflessioni sul concetto del lifelong learning.
Calogero Giannetto
tempo di lettura: 3 min
Il concetto di lifelong learning,
sia che esso venga applicato in campo scolastico o nell’ambito lavorativo,
risponde all’esigenza sempre più attuale, in una società complessa in continuo
cambiamento, di formare individui in grado di apprendere lungo tutto l’arco
della vita.
Infatti, ormai da diverso tempo si
parla di apprendimento permanente e di formazione continua. Le conoscenze, le
abilità e le competenze propedeutiche richieste ad ogni individuo per l’accesso
al mondo del lavoro rappresentano solamente la base di partenza da integrare,
giorno dopo giorno, al fine di rispondere ai continui cambiamenti ed
innovazioni nella società.
La prospettiva del lifelong
learning, in verità, trova spazio e applicazione molto tempo prima che ogni
qualsiasi individuo possa delineare per sé un percorso di ascesa lavorativa.
Già dai primi anni di scuola, infatti, il discente per mezzo della guida del
docente, è chiamato a porre le basi ed acquisire gradualmente le competenze
indispensabili per continuare ad apprendere lungo l’intero arco della vita.
Questa è la principale Mission
che la Scuola, in quanto agenzia formativa per eccellenza, non deve mai perdere
di vista per assicurare ai suoi principali stakeholders, ovvero agli studenti,
il successo formativo e l’emancipazione sociale. In chiave Europea, già a
partire dal 2006 viene introdotto il concetto di apprendimento permanente con
la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, all’interno della
quale trovano spazio otto competenze chiave, sapendo che la competenza è “la
comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali
e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo
professionale e/o personale”. Questo documento viene riaggiornato nel 2018 con
la nuova Raccomandazione del Consiglio relativa alle competenze chiave per
l’apprendimento permanente, che a distanza di dodici anni ridefinisce le otto
competenze chiave partendo dal presupposto che ogni persona ha diritto a
un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e
inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di
partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni
nel mercato del lavoro. Per un maggiore approfondimento, vi invito a leggere il
documento europeo del 2018.
Quello che, invece, intendo
promuovere in questo articolo è un confronto tra le due Raccomandazioni, le
quali, a distanza di dodici anni l’una dall’altra con i conseguenti cambiamenti
intervenuti nella società e nell’economia, ridefiniscono tutte e otto le
competenze chiave per l’apprendimento permanente da perseguire ad eccezione di
una, la quale rimane pressoché invariata. Si tratta della competenza
dell’imparare ad imparare.
La competenza dell’imparare ad
imparare è un concetto complesso che implica autonomia, consapevolezza nei
propri mezzi, motivazione ad apprendere, aggiornamento costante delle proprie
conoscenze, connessione con gli altri in maniera costruttiva, capacità di
riflettere su se stessi, gestione efficace del tempo e delle informazioni,
spirito critico, resilienza di fronte all’incertezza e alla complessità,
gestione del proprio apprendimento e della propria carriera.
Alla luce dell’analisi sinora
esposta, la riflessione che ne scaturisce è che un apprendimento e una
formazione di qualità non possono prescindere dalla solida cornice storica di
riferimento, pensiamo per esempio agli insegnamenti del filosofo e pedagogista
John Dewey ideatore e promotore del “learning by doing” ovvero dell’imparare
facendo, piuttosto che agli insegnamenti altrettanto attuali e imprescindibili
di Edgar Morin che, prendendo spunto dal suo predecessore Michel De Montaigne
il quale affermava “È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”,
diede vita alla Riforma del pensiero in risposta alla sfida di una società
complessa.
“Chi si ferma è perduto!”
recitava, nell’omonimo film, il grandissimo attore napoletano Totò, a
testimonianza che non ci si può adagiare sugli allori, bensì, nella vita così
come nel lavoro è fondamentale, ai fini del successo personale e professionale,
aprirsi ai paradigmi dell’apprendimento permanente e della formazione continua
per essere preparati e poter rispondere adeguatamente alla sfide che il
presente ed il futuro prossimo ci riservano.