Questo sito web utilizza i cookies per garantire all'utente la migliore esperienza possibile quando visita il sito web. L'utente è invitato a prendere visione della Privacy Policy per maggiori informazioni in merito. Facendo clic su "Accetto", l'utente accetta l'uso dei cookies non essenziali
IgnoraAccetto
16 Dicembre 2023
Cara signora, le scrivo.
Francesca Dondoli
tempo di lettura: 4 min
Lo
sapevo fin dall'inizio. Come lo sapevamo tutte. Non ci ho sperato neanche un
attimo nel vedere Giulia Cecchettin con la corona d'alloro in testa.
Il
20 novembre mi sfogavo così. Ma la rabbia e la frustrazione oggi sono le
stesse, anche perché, dopo l'uccisione di Giulia Cecchettin, l'elenco dei
femminicidi continua ad allungarsi paurosamente.
Com'è
che si dice, la speranza è l'ultima a morire?!
Beh,
avete ammazzato pure quella.
Perché
può cambiare il set, possono cambiare gli attori, ma la storia è sempre la
stessa. Peccato che non siamo al cinema.
E
così, dalla prima notizia della scomparsa di Giulia con un ex fidanzato che non
riusciva ad accettare la fine della loro relazione, mi chiedevo soltanto quando
sarebbe stato ritrovato il suo corpo senza vita. Sapevo che sarebbe stata solo
una questione di tempo, lo sentivo. Ma adesso fa comunque più male.
Da
allora non riesco a pensare ad altro. Quella notte mi sono rigirata nel letto
senza riuscire ad addormentarmi, tormentata da ansia e mille pensieri, ma
soprattutto dal bisogno di fare qualcosa.
Ma
cosa?
Da
comune cittadina di questo bel paese e mondo mi sento impotente. Allora ho
bisogno di dare un senso alla mia frustrazione nel modo che da sempre mi è più
naturale: scrivendo.
Ne
stavo parlando con mia madre quando lei, aprendo Instagram, ha visto la notizia
della cattura di Filippo Turetta, “quel bravo ragazzo” che ha scambiato l'amore
per possesso. Credo che a lei, in quell'istante, un po' di speranza sia
tornata, perché, con un modo di fare chiaramente istintivo, ha esclamato a voce
alta e con un tono di voce sollevato: «L'hanno preso!».
Eravamo
in un bar. Una signora a noi sconosciuta si avvicina e ci fa: «Come? L'hanno
trovato?». Così, senza bisogno di fare il nome di Filippo e senza alcun
riferimento a Giulia. «Fantastico!», ho pensato , «stanotte qualcun altro si è rigirato
nel letto». Mi sono sentita un po' meno sola e frustrata.
Ma
il sollievo è durato poco.
«Fosse
per me, lo strangolerei con le mie mani!», continua la signora con molta (e,
ahimè, comprensibile) rabbia.
«Lui
non se l'è tolta la vita eh?», ci chiede in maniera retorica. Sono rimasta
zitta. Ed ecco tornare tutta la frustrazione iniziale. Avrei voluto (avrei
dovuto!) dirle «ma davvero lei pensa di poter risolvere un problema di violenza
con la violenza? Occhio per occhio, dente per dente?
Guardi a cosa porta la reazione violenta! Davvero a lei sarebbe bastato il suo
suicidio per sentirsi in pace?» Ma niente...
Perché
Giulia Cecchettin è stata uccisa da Filippo Turetta, sì. Le botte e le
coltellate, almeno, le ha sferrate lui e anch'io sono contenta che sia stato
catturato. A me, però, la speranza non è comunque tornata.
Perché
Giulia è stata uccisa dalla nostra cultura. È soprattutto a questo livello che
dobbiamo agire, e in fretta!
Giulia
è stata uccisa da questo governo come da quelli precedenti che, spesso dietro
la scusa del "non si può parlare di sesso nelle scuole", non sono
riusciti a portare l'educazione affettiva e sessuale nelle scuole, la
cultura del rispetto
per debellare quella della prevaricazione.
Dopotutto
èmeglio prevenire che curare, eppure mi
sembrava che ci piacessero tanto i modi di dire!
Un
minuto di silenzio nelle scuole e una laurea a una ragazza già morta non
possono bastare.
Giulia
è stata uccisa da tutte le persone che continuano a banalizzare il problema
dicendo che comunque esistono anche donne violente (che di certo è vero),
negando così il fatto che la violenza maschile nei confronti delle donne è un problema
sistemico e non episodico, come la violenza femminile nei
confronti degli uomini.
Non
mi sono mai piaciuti i numeri, ma a volte parlano più chiaro di tante parole. Possono
anche andare a braccetto: è per questo che si parla di femminicidio
e non di comune omicidio.
Giulia
è stata uccisa da tutti quei media che in questi casi continuano a parlare di “mostri”
invece che di persone comuni, creando una narrazione molto distante dalla
realtà dei fatti. Questo caso ne è un palese esempio: chi dice di conoscerlo, parla
di Filippo come di un normale ragazzo della sua età, non di un serial killer o
di uno psicopatico.
Giulia
è stata uccisa anche da tutti quei media che, sempre secondo questa logica,
parlano di “raptus”, di “momento di follia” per indicare l'atto del
femminicidio.
Questo
caso smentisce anche questa logica: chi sta svolgendo le indagini ha trovato
nel computer di Filippo mappe di luoghi dove poter fuggire. Non so a voi, ma a
me, più che un raptus, sembra premeditazione.
Giulia
è stata uccisa da tutti quei media che danno un volto all’assassino soltanto
quando questo non è italiano, perché allora fa comodo. Come se in quel caso il
fatto fosse meno grave.
Giulia
è stata uccisa da tutte quelle persone che, nascondendosi dietro la scusa
dell'essere contro al famigerato politically correct, lamentandosi che <<ma
allora non si può più dire niente>>, non riescono a riconoscere il peso
delle parole e l'importanza del rispetto dell’altro. È bene ribadirlo sempre, le parole
hanno un peso.
Perché
ci sono così tante parole offensive per riferirsi a una donna che ha
frequentato tanti ragazzi ma non il contrario?
Perché
GIULIA
È STATA UCCISA DAL PATRIARCATO e da tutte le sue sfaccettature.
Quindi
mi piacerebbe che, a partire da Filippo, ognuno si prendesse le proprie
responsabilità. Perché, come diceva qualcuno, <<anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti>>.
E signora, ovunque lei
sia, mi piace pensare che, in qualche modo, le mie parole le arriveranno.
Perché il tema è troppo importante per rimanere confinato nelle chiacchiere di
un bar.