19 Ottobre 2024

Sesso e genere: facciamo chiarezza.

Francesca Dondoli

tempo di lettura: 4 min

Foto di ImagineThatStudio da Pixabay
Le parole sono importanti. Perché hanno il potere di produrre conseguenze nella realtà. E non si può parlare di questioni di 'genere' senza sapere cosa si intende con questo concetto, ancora spesso confuso con quello di 'sesso', non senza conseguenze.

Arriviamo subito al sodo allora.

Il concetto di ‘sesso’ fa riferimento a caratteri biologici che generalmente vengono indicati come base della distinzione tra esseri umani maschi e femmine, ossia il corredo genetico derivante dalla presenza di cromosomi XY nel primo caso e XX nel secondo, ovvero il fatto che la procreazione dipende da due apparati differenti e complementari, maschile e femminile. Tra l'altro, fu proprio una donna, la genetista americana Nettie Stevens, a scoprire che il sesso delle persone dipende dalla presenza o dall’assenza del cromosoma Y. L’epoca, però, era quella a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l’inizio del Novecento e Stevens era una delle prime scienziate a occuparsi di genetica, di conseguenza fu vittima del cosiddetto ‘effetto Matilda’, cioè la sistematica sottovalutazione dei risultati scientifici conseguiti dalle donne, i cui studi vengono attribuiti ai loro colleghi uomini a causa di motivi di genere e non della qualità scientifica del loro lavoro. Stevens, infatti, pubblicò i risultati delle sue ricerche nel 1905 ma il merito delle sue scoperte non le venne riconosciuto per tanti anni.

Tornando alla distinzione, il concetto di ‘genere’, invece, indica le differenze costruite storicamente e culturalmente sulla base di tali diversità biologiche. In particolare, il genere rappresenta l’insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti che una cultura considera appropriati per gli uomini e per le donne, dando vita a differenze e disuguaglianze a partire da questa dualità sessuale.

Una delle trappole che il concetto di ‘genere’ dovrebbe evitare, quindi, è quella dell’essenzialismo, che consiste nell’attribuzione di determinate caratteristiche a una categoria di persone che ne sarebbe in possesso naturalmente o inevitabilmente.

La tesi secondo cui gli uomini sarebbero più aggressivi delle donne per cause ormonali (la presenza del testosterone), per esempio, nonostante alcune ricerche abbiano mostrato una modesta correlazione tra aggressività e livelli di testosterone, è puramente deterministica. Così come è puramente deterministico pensare che, dal momento che possono diventare madri, le donne, per natura, siano maggiormente materne, portate alla cura e virtuose rispetto agli uomini. Idea dalla quale è derivata la convinzione secondo cui le donne, materne e amorevoli, non sarebbero naturalmente portate per la politica ma, piuttosto, per tutto ciò che attiene alla sfera domestica o, più in generale, a quella privata e che ha giustificato la loro esclusione dalla politica fino allo scorso secolo. Con conseguenze che si fanno sentire tutt'oggi.

Certo, dalla loro conquista dei diritti politici a oggi, il numero di donne che intraprendono una carriera politica è sicuramente aumentato.

Ma non è impressionante pensare (per limitarsi a un solo esempio concreto) che negli Stati Uniti, la tanto acclamata 'culla della democrazia occidentale', la prima candidatura ufficiale di una donna (Hillary Clinton) alla Casa Bianca sia avvenuta solo nel 2016?

Mentre l’adesione rigida agli stereotipi di genere nega alle donne l’accesso al potere e all’indipendenza nella sfera pubblica, allo stesso tempo produce conseguenze negative anche per gli uomini: sono numerose le ricerche che svelano come il conformismo allo stereotipo della mascolinità conduca loro a elevati tassi di mortalità a causa di incidenti e atti violenti, all’uso di alcool, droghe ed eccessive dosi di tabacco. Per non parlare delle conseguenze sul piano emotivo che portano loro ad avere paura della fragilità, della debolezza, della paura stessa. Altrimenti non sarebbero abbastanza 'duri'.

<<Donna non si nasce, lo si diventa>>: è la tesi anticipatrice del femminismo contemporaneo sostenuta dalla scrittrice Simone de Beauvoir nel suo famosissimo saggio “Il secondo sesso” del 1949. Che cosa voleva dire esattamente? Che femminilità e mascolinità non sono essenze innate, naturali, ma, piuttosto, costruzioni sociali e culturali che ogni persona apprende attraverso il processo di socializzazione, che si prospetta diverso per i due sessi.

Un processo che inizia già dalla nascita, anzi addirittura prima: da quando la prima ecografia accenna il profilo dei genitali maschili o femminili, genitori e parenti iniziano a immaginare il bambino o la bambina prospettando per lui o per lei colori (azzurro per lui, rosa per lei), giochi, abbigliamento e futuri diversi. Ancora prima di venire al mondo, dunque, gli si assegnano nomi maschili o femminili e ci si rivolge loro attribuendogli l’identità di sesso e di genere indicata dall’ecografia. Il processo continua poi per tutta l’infanzia e l’adolescenza, con profonde conseguenze nell’arco di tutta l’esistenza. Sin dall’infanzia, infatti, attraverso i genitori, apprendiamo quali comportamenti sarebbero appropriati al nostro sesso, successivamente intervengono il gruppo dei pari, la scuola e gli incontri con l’altro sesso a definire la nostra sessualità. Per non parlare dell’influenza esercitata dai mass media nel veicolare stereotipi di genere.

L'essere riconosciuti come maschi o femmine, insomma, dipende dalla capacità di aderire alle aspettative sociali, di conformarsi ad esse.

La differenza tra ‘sesso’ e ‘genere’, quindi, è rilevante, in quanto, riprendendo le parole da un libro che ho amato,

definire il genere una realtà sociale significa prendere le distanze da una visione essenzialista e naturalizzante dei generi e delle relazioni tra i generi, e quindi partire dal presupposto che diseguaglianze, gerarchie e rapporti di potere tra i generi non sono inevitabili e immutabili, e che è dunque possibile immaginare e costruire modelli differenti di società.

(Il libro è “Il genere preso sul serio. L’impatto dei corpi sessuati su lavoro, potere e percorsi di vita” della sociologa australiana Raewyn Connell)

 

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Francesca Dondoli

Ciao! Sono una studiosa di comunicazione, soprattutto pubblica e politica. Amo il cinema, i libri e la gentilezza. Credo nel potere delle parole.

Perché con questa spada vi uccido quando voglio 🖊

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