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6 Ottobre 2023
Il frutto della discordia.
Yelena
Castellino
tempo di lettura: 4 min
In
questi giorni c’è un frutto, una pesca per essere precisi, che sta facendo il
giro di tutte le case italiane.
Non
si presenta alla porta ma in televisione, alla radio e sui social media, e
ciascuno di noi si sente in diritto di darle almeno un morso.
Sto
parlando di uno spot pubblicitario di una nota catena di supermercati.
Protagonisti
di questo spot, della durata di un minuto e quarantanove (tempo lunghissimo per
una pubblicità!) sono: mamma, bambina, papà, e il frutto in questione.
Mamma
e figlia stanno facendo la spesa, quando ad un tratto mamma si accorge che la
piccola si è allontanata per prendere una singola pesca. Finita la spesa si
dirigono verso casa in macchina, e durante il tragitto mamma cerca di dialogare
con la figlia che però è assorta nei suoi pensieri e non apre bocca né in
macchina né a casa. Dopo aver trascorso un po' di tempo insieme, il suono del
citofono annuncia l’arrivo del papà che aspetta la figlia al portone.
Mamma
guarda il loro incontro dalla finestra di casa ed esce di scena.
Una
volta accomodata in macchina la bambina tira fuori dallo zainetto la pesca che
avevano comprato al supermercato e con due occhioni pieni di speranza dice al
papà che è un regalo da parte di mamma. Il papà, dopo un attimo di stupore, le
promette che chiamerà mamma per ringraziarla e la bambina finalmente appare un
po' più rilassata.
Lo
spot si conclude con la didascalia “Non c’è una spesa che non sia importante”.
Non
c’è un singolo istante di questa pubblicità che non sia reale. E questa realtà
fa parte del quotidiano di migliaia di famiglie separate in Italia.
Allora
qual è il motivo per cui tutti ne parlano?
E
intendo dire proprio tutti: il politico, il genitore separato, il genitore
sposato, chi non è genitore, gli attori, i dipendenti del supermercato
pubblicizzato, la vicina di casa, i giornalisti, gli psicologi, le maestre a
scuola, i nonni… tutti!
C’è
chi vede la sofferenza negli occhi della bambina, c’è chi vede una propaganda
alla separazione, c’è chi si emoziona perché si rivede bambino, c’è chi si
indigna perché il supermercato ha messo in risalto genitori cattivi che non
sono degni di tale ruolo…
Ad
ogni modo, tra i tanti commenti che ho letto quello che più mi ha colpito è
stato questo: <<è uno spot innovativo>>.
Ora
io mi voglio soffermare su questo aspetto, sull’innovazione pubblicitaria che
suscita tanti commenti.
Perché
parlare di sofferenza, o di strumentalizzazione dei bambini, non ne ho voglia,
dando per scontato che la gente capisca (o per lo meno faccia lo sforzo di
provarci) che da un divorzio si esce tutti sofferenti, genitori e figli, e non
stiamo a misurare chi più chi meno.
Dove
sta l’elemento innovativo?
Come
dicevo sopra, le famiglie di separati in Italia sono migliaia, più di 97 mila,
giusto per farsi un’idea, e credo che sia arrivato il momento di normalizzare
questo dato di fatto.
Non
mi sorprende vedere una pubblicità che parla di genitori separati, così come non
mi sorprenderebbe vedere una pubblicità con due genitori omosessuali o realtà
familiari composte da bambini che hanno un colore della pelle diverso da quello
dei genitori o famiglie mono genitoriali né tantomeno di bambini con disabilità
o di bambini che vivono con i nonni.
Perché
questi esempi che ho appena elencato sono situazioni normali che vanno
accettate così come sono, perché la realtà è questa ed è giusto che i nostri
bambini crescano con l’idea che nessuna famiglia è uguale all’altra e che non
esiste un modello unico o migliore o un ideale di perfezione da raggiungere.
Mi
sorprende il fatto che se ne parli come se fosse una novità assoluta.
Piuttosto
bisognerebbe eliminare quegli spot che abbiamo visto per decenni alla tv, in
cui vengono rappresentate scene di famiglie che non esistono.
Perché
è molto poco probabile che tutti i giorni alle 7 del mattino mamma e papà, con
tanto di fede nuziale al dito, perfettamente vestiti e pettinati facciano
sorrisoni a trentadue denti davanti ai loro figli intorno a una tavola
perfettamente apparecchiata senza una briciola fuori posto.
Però
a tanti piace credere nelle favole e perdersi in mondi irreali che
all’apparenza danno un senso di sicurezza e di armonia. Detto in parole povere
ci piace prenderci in giro.
Sapete
come ho reagito io alla visione dello spot della pesca?
Mi
sono sentita perfettamente rappresentata da quella mamma, e in quella bambina
ho rivisto mia figlia. E ho pensato: bene, finalmente cominciano a diffondersi
messaggi credibili.
Mi
auguro che questi (quasi) due minuti di normalità si diffondano sempre di più
tra i mezzi di comunicazione.
Voglio
concludere dicendo che mia figlia ha visto la pubblicità e quando le ho chiesto
di cosa parlasse la sua risposta è stata di una semplicità spiazzante: <<di
amore>>.
E
voi, avete sentito i commenti dei vostri figli?
Siete
pronti agli spot “innovativi” di famiglie moderne a loro modo felici, o
preferite l’immagine standard di famiglia che ci hanno trasmesso finora?
Abbiamo
il coraggio di rompere gli schemi e cambiare il nostro modo di pensare, a
dispetto di chi ci circonda e la vede in maniera più conservatrice?
Siamo
consapevoli che stiamo preparando la strada del futuro dei nostri figli?
Voglio
vedere fra dieci o vent’anni, la generazione di bambini con la pesca nello
zainetto come realizzerà gli spot pubblicitari.
Nor-ma-le
aggettivo Significato:
conforme alle consuetudini e alla generalità, regolare, usuale, abituale. Etimologia:
dal latino normalis “perpendicolare”