12 Gennaio 2024

Le funambole del focolare. Madri.

Yelena Castellino

tempo di lettura: 5 min

Foto di Loic Leray su Unsplash
Ore 6:30 suona la sveglia.

Apro gli occhi, impiego tre secondi per capire dove mi trovo e che giorno è.

Mi sembra di aver dormito così poco.

Mi alzo.

Caffè.

Agenda alla mano: quali sono gli impegni di oggi?

Già, devo scrivere tutto altrimenti rischio di dimenticare la lezione di nuoto o il compleanno del compagno di classe di mia figlia.

Faccio un rapido calcolo dei tempi che passerò dentro casa, fuori casa, nei vari tragitti da un posto X a un posto Y, da sola e con i figli.

Mentre la mia testa visualizza come la vivrò fino a stasera, ho preparato la colazione.

Adesso suona la sveglia per tutta la famiglia.

Comincia una nuova giornata!

Ripeto queste operazioni per cinque giorni la settimana da settembre a luglio.

Per anni.

Alcuni dettagli variano nel corso del tempo ma di massima la routine è questa.

Benvenuti nel fantastico mondo delle mamme lavoratrici.

Un mondo fatto di ritmi serrati, di equilibri precari, di bilanci quotidiani, di stanchezza, di sensi di colpa, di scongiuri contro influenze e raffreddori, di scioperi scolastici e dei mezzi di trasporto, di colloqui con le maestre.

Scritto in questo modo sembra tutto molto agile, ma vi assicuro che è anche molto impegnativo.

Analizziamo la situazione, facendo qualche passetto indietro.

Scrivo raccontando non solo la mia esperienza personale, ma quella di tante mamme che conosco e se leggeranno queste righe, si riconosceranno al volo, probabilmente tirando un sospiro di sollievo sapendo che la loro situazione, ahimè, è molto comune.

Partiamo dal perché di questo articolo.

Qualche giorno fa, leggevo un post su Instagram di un importante quotidiano nazionale, in cui c’era scritto che nel 2022 in Italia si sono dimesse 44mila donne che non sono riuscite a conciliare lavoro e famiglia.

Ora non so voi, ma se io leggo una notizia del genere vengo pervasa da un profondo senso di avvilimento.

Mi chiedo perché una donna deve trovarsi di fronte una scelta così difficile.

Mamma o lavoratrice?

Pensare di valutare se sia meglio prendersi cura del proprio figlio o se sia meglio andare a lavorare per pagare le bollette e fare la spesa è una condizione che degrada la persona e che costringe a mettere sul piatto della bilancia due pesi e due misure.

Insomma devi scegliere, perché o fai la mamma, passando le tue giornate a pulire casa, cucinare, giocare con tuo figlio, lavare e stirare panni alla perfezione oppure fai la lavoratrice e non rendi al 100% in casa e con tuo figlio.

La differenza sta tutta nella scelta lessicale. In una semplice congiunzione.

Metti una “o” oppure una “e” tra i due vocaboli?

Mamma o lavoratrice? oppure Mamma e lavoratrice?

In Italia funziona così.

I figli sembra che arrivino per scombussolarci la vita, ma non nel senso buono.

Ci sono loro, noi dobbiamo annullarci.

<<Scordati di fare tutto quello che facevi prima>> mi sentivo dire mentre ero in dolce attesa, dalle amiche che sono diventate mamme prima di me, ma a me questa frase non è mai piaciuta.

Io non devo scordarmi quello che facevo prima, anzi, lo faccio pure insieme a loro.

E se possibile lo faccio meglio, perché sono più motivata.

La ragazza che ero prima di diventare madre, quella che ha studiato all’università, quella che faceva sport, quella che la sera andava al cinema, quella che lavorava per nobilitarsi, c’è sempre e ora, che è diventata madre, continua a fare tutto ciò guardando negli occhi i propri figli con l’orgoglio di chi ce la fa ogni giorno.

Ecco, mi piacerebbe che fossero in tante a pensarla così, perché farlo significa volersi bene e rispettarsi.

Certo, come scrivevo su non è facile conciliare tutto.

Casa, figli, scuola, lavoro e se stesse implicano una grande risorsa di energie, ma è necessario che si facciano se vogliamo pensare al nostro futuro e a quello dei nostri figli.

Sì, perché pensare a se stesse non è un atto di egoismo, almeno io non la vedo così, non esistono solo i figli, non è giusto annullarsi, soprattutto se per annullarsi si intende rinunciare al lavoro.

Molte donne della mia generazione sono cresciute in questa mentalità.

Mamme, nonne, zie e tutto il parentato ci hanno guardato con occhio poco rassicurante quando abbiamo pronunciato paroloni come università, lavoro a tempo pieno, carriera, stipendio, figli, asili nido, babysitter … sembrava quasi che non avessimo capito bene come funziona il mondo, che l’emancipazione ci avesse annebbiato i pensieri.

Spesso non ci aiutano la mentalità in cui siamo cresciute, la società che impone ritmi sempre più veloci, la disorganizzazione del sistema scolastico e prescolastico, i congedi parentali, o gli stessi padri che non si sentono in grado di prendersi cura dei propri figli piccoli preferendo fare qualche straordinario in più al lavoro per avere un guadagno maggiore, lasciando tutto il carico sulle spalle della madre. O più semplicemente siamo noi stesse che non abbiamo il coraggio di fare sentire di più la nostra voce e chiedere un trattamento più paritario.

A queste mamme, me per prima, voglio dire che, se abbiamo avuto la forza di mettere al mondo una creaturina, abbiamo anche la forza di lavorare e di portare avanti una casa e una famiglia, senza rinunciare ai nostri sogni, magari cambiando un po' le tempistiche, ma possiamo farcela.

È dura lasciare il nostro bambino al nido in lacrime tra le braccia di un’educatrice mentre chiama mamma, così come è dura lasciarlo alla babysitter per la prima volta mentre sei ad una riunione di lavoro. Ti senti in colpa se la sera non hai la forza di leggere la fiaba della buonanotte o la mattina lo mandi a scuola senza aver stirato il grembiulino.

Ma il vero sacrificio sta lì, nel saper resistere e dire al tuo bambino, quando sarà grande, che lo hai fatto anche per lui (o lei). E che ci importa se casa è in disordine e i giocattoli coprono tutta la superficie calpestabile dell’appartamento. Quello che importa è che il tempo che passo con mio figlio sia di qualità e che un giorno abbia un esempio di cui esser fiero.

La maternità ci cambia, ci arricchisce, ci rende più forti e ci trasforma in funambole.

Una volta trovato il giusto equilibrio puoi correre su una fune tutti i giorni, anche ad occhi chiusi.

E se per caso ti senti mancare l’equilibrio, fermati, chiudi gli occhi, respira, chiama la tua migliore amica e poi riparti.

 

E-qui-li-brio s.m. Significato: stato di un corpo che si verifica quando le risultanti delle forze applicate e dei loro momenti sono nulle. Correntemente, stato di un corpo che, posto in bilico, si regge dritto per contrappeso. Etimologia: dal latino aequilibrium.

 

torna alle Ultime uscite

condividi l'articolo copiando questo link

Yelena Castellino

Ciao! Mi chiamo Yelena e sono una storica contemporanea. Ho una grande passione per i libri, l’arte e la danza. Credo nel potere della cultura.

Leggimi forte

CC-BY-SA icon orange - Creative Commons (modified by Masur) - http://mirrors.creativecommons.org/presskit/buttons/88x31/svg/by-sa.svg

Salvo dove diversamente indicato, il contenuto del blog di SIS. PRO Firenze è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale