6 Ottobre 2023

Il frutto della discordia.

Yelena Castellino

tempo di lettura: 4 min

Foto di Berenice Calderón da Pixabay
In questi giorni c’è un frutto, una pesca per essere precisi, che sta facendo il giro di tutte le case italiane.

Non si presenta alla porta ma in televisione, alla radio e sui social media, e ciascuno di noi si sente in diritto di darle almeno un morso.

Sto parlando di uno spot pubblicitario di una nota catena di supermercati.

Protagonisti di questo spot, della durata di un minuto e quarantanove (tempo lunghissimo per una pubblicità!) sono: mamma, bambina, papà, e il frutto in questione.

Mamma e figlia stanno facendo la spesa, quando ad un tratto mamma si accorge che la piccola si è allontanata per prendere una singola pesca. Finita la spesa si dirigono verso casa in macchina, e durante il tragitto mamma cerca di dialogare con la figlia che però è assorta nei suoi pensieri e non apre bocca né in macchina né a casa. Dopo aver trascorso un po' di tempo insieme, il suono del citofono annuncia l’arrivo del papà che aspetta la figlia al portone.

Mamma guarda il loro incontro dalla finestra di casa ed esce di scena.

Una volta accomodata in macchina la bambina tira fuori dallo zainetto la pesca che avevano comprato al supermercato e con due occhioni pieni di speranza dice al papà che è un regalo da parte di mamma. Il papà, dopo un attimo di stupore, le promette che chiamerà mamma per ringraziarla e la bambina finalmente appare un po' più rilassata.

Lo spot si conclude con la didascalia “Non c’è una spesa che non sia importante”.

Non c’è un singolo istante di questa pubblicità che non sia reale. E questa realtà fa parte del quotidiano di migliaia di famiglie separate in Italia.

Allora qual è il motivo per cui tutti ne parlano?

E intendo dire proprio tutti: il politico, il genitore separato, il genitore sposato, chi non è genitore, gli attori, i dipendenti del supermercato pubblicizzato, la vicina di casa, i giornalisti, gli psicologi, le maestre a scuola, i nonni… tutti!

C’è chi vede la sofferenza negli occhi della bambina, c’è chi vede una propaganda alla separazione, c’è chi si emoziona perché si rivede bambino, c’è chi si indigna perché il supermercato ha messo in risalto genitori cattivi che non sono degni di tale ruolo…

Ad ogni modo, tra i tanti commenti che ho letto quello che più mi ha colpito è stato questo: <<è uno spot innovativo>>.

Ora io mi voglio soffermare su questo aspetto, sull’innovazione pubblicitaria che suscita tanti commenti.

Perché parlare di sofferenza, o di strumentalizzazione dei bambini, non ne ho voglia, dando per scontato che la gente capisca (o per lo meno faccia lo sforzo di provarci) che da un divorzio si esce tutti sofferenti, genitori e figli, e non stiamo a misurare chi più chi meno.

Dove sta l’elemento innovativo?

Come dicevo sopra, le famiglie di separati in Italia sono migliaia, più di 97 mila, giusto per farsi un’idea, e credo che sia arrivato il momento di normalizzare questo dato di fatto.

Non mi sorprende vedere una pubblicità che parla di genitori separati, così come non mi sorprenderebbe vedere una pubblicità con due genitori omosessuali o realtà familiari composte da bambini che hanno un colore della pelle diverso da quello dei genitori o famiglie mono genitoriali né tantomeno di bambini con disabilità o di bambini che vivono con i nonni.

Perché questi esempi che ho appena elencato sono situazioni normali che vanno accettate così come sono, perché la realtà è questa ed è giusto che i nostri bambini crescano con l’idea che nessuna famiglia è uguale all’altra e che non esiste un modello unico o migliore o un ideale di perfezione da raggiungere.

Mi sorprende il fatto che se ne parli come se fosse una novità assoluta.

Piuttosto bisognerebbe eliminare quegli spot che abbiamo visto per decenni alla tv, in cui vengono rappresentate scene di famiglie che non esistono.

Perché è molto poco probabile che tutti i giorni alle 7 del mattino mamma e papà, con tanto di fede nuziale al dito, perfettamente vestiti e pettinati facciano sorrisoni a trentadue denti davanti ai loro figli intorno a una tavola perfettamente apparecchiata senza una briciola fuori posto.

Però a tanti piace credere nelle favole e perdersi in mondi irreali che all’apparenza danno un senso di sicurezza e di armonia. Detto in parole povere ci piace prenderci in giro.

Sapete come ho reagito io alla visione dello spot della pesca?

Mi sono sentita perfettamente rappresentata da quella mamma, e in quella bambina ho rivisto mia figlia. E ho pensato: bene, finalmente cominciano a diffondersi messaggi credibili.

Mi auguro che questi (quasi) due minuti di normalità si diffondano sempre di più tra i mezzi di comunicazione.

Voglio concludere dicendo che mia figlia ha visto la pubblicità e quando le ho chiesto di cosa parlasse la sua risposta è stata di una semplicità spiazzante: <<di amore>>.

E voi, avete sentito i commenti dei vostri figli?

Siete pronti agli spot “innovativi” di famiglie moderne a loro modo felici, o preferite l’immagine standard di famiglia che ci hanno trasmesso finora?

Abbiamo il coraggio di rompere gli schemi e cambiare il nostro modo di pensare, a dispetto di chi ci circonda e la vede in maniera più conservatrice?

Siamo consapevoli che stiamo preparando la strada del futuro dei nostri figli?

Voglio vedere fra dieci o vent’anni, la generazione di bambini con la pesca nello zainetto come realizzerà gli spot pubblicitari.

  

Nor-ma-le aggettivo Significato: conforme alle consuetudini e alla generalità, regolare, usuale, abituale. Etimologia: dal latino normalis “perpendicolare”

 

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Yelena Castellino

Ciao! Mi chiamo Yelena e sono una storica contemporanea. Ho una grande passione per i libri, l’arte e la danza. Credo nel potere della cultura.

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