10 Giugno 2023

La struttura delle parole.

Yelena Castellino

tempo di lettura: 3 min

Foto di Pexels da Pixabay
Ogni giorno pronunciamo migliaia di parole.

Alcune hanno un ruolo effimero perché vengono ripetute quotidianamente in contesti banali che scandiscono le nostre giornate.

Altre invece hanno un ruolo serio perché devono formare frasi importanti in vari contesti, siano essi lavorativi, sentimentali, informali…

Ma ci siamo mai chiesti quanto sia importante la scelta delle parole che usiamo? Il potenziale che si nasconde dentro le lettere che le compongono? Di quanto sia lunga la loro vita?

Possono rimanere impresse nella nostra memoria, su carta o qualsiasi altro supporto, e influire sulle nostre scelte. Insomma, hanno un potere non indifferente.

Sono sempre stata affascinata dalle parole, dalla loro etimologia, dall’evoluzione nel corso del tempo, da quelle cadute in disuso e da quelle più alla moda, dai neologismi, dai dialetti, dai detti popolari.

E quindi, fin da bambina, ho dedicato gran parte del mio tempo libero alla lettura di libri di ogni genere e forma e solo pochi mesi fa ho trovato la risposta alle domande che mi sono posta sopra.

Ho scoperto che “Le parole possono tutto” (Vecchini-Sualzo, Il Castoro, 2021).

Secondo la tradizione ebraica, le ventidue lettere che compongono l’alfabeto esistono da prima ancora che venisse creato il mondo, che la loro struttura non è casuale, ogni lettera possiede una forma e un nome alla quale si possono associare valori numerici e simbolici destinati allo studio e alla meditazione. Si dice infatti che lo studio dell’alfabeto ebraico possa durare una vita intera.

È bene saper scegliere le parole da dire o non dire, perché anche la più piccola ha un significato importantissimo e può fare la differenza.

C’è stato anche chi ha messo in pratica questa teoria dell’importanza delle parole.

Adesso ve la racconto perché è interessante…

Alla fine degli anni Novanta un ricercatore giapponese, Masaru Emoto, fece una serie di esperimenti singolari, dedicandosi allo studio della “memoria dell’acqua”.

Secondo questa teoria esiste una relazione tra le parole e lo stato dell’acqua, a seconda dell’energia cui viene esposta.

Uno degli esperimenti (che si può facilmente realizzare in casa) è quello del barattolo di riso. Bisogna versare dell’acqua dentro due recipienti di riso, fino a riempirli.

Stessa forma, stesse quantità.

In un barattolo si attacca un’etichetta con una o più parole offensive e nell’altro un’etichetta con una o più parole lodevoli.

Una settimana più tardi troverete il barattolo con l’etichetta positiva uguale a come l’avete lasciato, l’altro invece pieno di acqua putrida.

Emoto ripetè l’esperimento con musica, preghiere, poesie e formule varie e in ogni caso si accorse del cambiamento dei cristalli dell’acqua, perché questa era in grado di assorbire il senso delle parole.

Incredula, ho voluto provare anch’io scrivendo su un barattolo la parola “dolore” e sull’altro la data di nascita di mia figlia.

Non sapevo cosa sarebbe venuto fuori, visto che avevo usato una parola e una combinazione numerica, ma devo dire che l’esperimento è riuscito alla grande!

Se pensiamo che più di metà del corpo umano è formato da acqua, ci spieghiamo (secondo questa teoria) perché alcune parole ci fanno stare male e altre ci fanno stare bene.


 pa-rò-la s.f. Significato: Segmento organico indivisibile di suoni, che abbia significato anche da solo, con cui l’uomo comunica. Etimologia: dal latino parabola “similitudine”, dal greco parabolé, dal verbo paraballo, “confronto”.


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Yelena Castellino

Ciao! Mi chiamo Yelena e sono una storica contemporanea. Ho una grande passione per i libri, l’arte e la danza. Credo nel potere della cultura.

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