14 Settembre 2024

Il giurisgioco. Il Monopoly in chiave sostenibile.

Irene Procopio

tempo di lettura: 3 min

Foto di Joshua Hoehne su Unsplash
Sembrerebbe che le origini del Monopoly siano controverse. La versione più diffusa è quella che attribuisce l’invenzione del gioco a Charles B. Darrow che, nel 1934, lo propose per primo ad una casa editrice.

Il Monopoly è un gioco da tavolo basato sulla compravendita di terreni e immobili. I giocatori si muovono attraverso i segnalini su un tabellone di 40 caselle: 22 sono strade edificabili divise per colore con 32 case e 12 alberghi. All’inizio della partita vengono distribuite le banconote e a ciascun giocatore spetta la solita cifra per iniziare a giocare. Ci sono i pezzi da 1-5-10-20-50-100-500 e servono tanto per acquistare terreni, case e alberghi che per pagare tasse e contributi.

Il gioco si svolge secondo quello che accade ad ogni segnalino, infatti, dopo il lancio dei dadi, i giocatori si muovono sul tabellone col proprio segnalino e possono imbattersi in diverse situazioni:

  • possono capitare su una proprietà libera e allora scelgono se acquistarla o meno;

  • possono capitare sulla proprietà di un altro giocatore e allora tocca pagare l’affitto;

  • possono capitare sulla casella degli imprevisti o delle probabilità e allora sarà la carta a decidere se incasseranno, pagheranno, andranno in prigione o ne usciranno;

  • possono passare dal via e allora potranno riscuotere 200 soldi dalla Banca Monopoly.

Lo scopo del gioco è quello di creare più rendite possibili così da aumentare il patrimonio e continuare ad acquistare o edificare case e alberghi.

Le tattiche di gioco possono essere diverse a seconda del carattere e della propensione al rischio. C’è chi gioca con parsimonia e risparmio, chi sperpera pur di avere più proprietà e chi calcola e pondera ogni spesa per non sprecare il proprio patrimonio.

Chi vince?

Vince chi rimane. Via via che il gioco prosegue, di solito qualche giocatore comincia ad affannare e a spendere sempre più soldi e quindi finisce in bancarotta. Il giocatore che resiste fino all’ultimo sarà, infatti, quello con più soldi e più proprietà.

Il gioco, quindi, sembra in grado di insegnarci a gestire le proprietà e a navigare nel mercato immobiliare.

E se lo scopo del gioco fosse, invece, la sostenibilità economica?

Di sicuro avremmo un approccio mirato a valutare soprattutto la fattibilità dell’investimento e non tanto l’aumento del patrimonio immobiliare e di quello economico. Un altro approccio utile potrebbe essere anche l’analisi e la gestione dell’imprevisto nel gioco.

Insomma se il Monopoly fosse stato pensato con uno scopo più sostenibile daremmo meno importanza ai soldi giocattolo e più alla valutazione del rischio dell’investimento immobiliare.

Incentrato sulla sopravvivenza di pochi a discapito di molti, il Monopoly rappresenta la vecchia idea di mercato in cui la concorrenza è spietata e la povertà spaventa. Oggi, però, il mercato dovrebbe essere rappresentato in un’ottica di concorrenza leale e libero mercato in cui i vari attori collaborano in funzione di obiettivi comuni di crescita e di sviluppo.

Ipotizziamo di voler giocare con le solite regole, ma con questa nuova ottica sostenibile.

Partiamo col darci un limite all’acquisto di nuove proprietà e, prima di ogni acquisto, valutiamo la probabilità di passaggio sulla proprietà in questione da parte degli altri giocatori. Maggiore sarà la frequenza di passaggio sulla proprietà da acquistare e maggiore sarà la nostra rendita, così da avere minore rischio nell’investimento.

Dopo di che, potremmo valutare l’ipotesi di cominciare ad edificare quando anche gli altri giocatori siano nella condizione di farlo; infatti, nel Monopoly è possibile edificare solo dopo aver acquistato tutte le proprietà con lo stesso colore.

Come ultimo accorgimento potremmo considerare di lasciare un tot di soldi in funzione dei possibili imprevisti del gioco come: le tasse, lo stop ad un giro nel caso della prigione e i costi del dentista o altri servizi previsti dalle carte da gioco.

È chiaro che, nonostante gli accorgimenti, potrà succedere che qualche giocatore vada in bancarotta e che un altro vinca con più rendite e più proprietà, ma cambierebbe lo stile del gioco e della partita.

Nonostante il gioco sia del 1934, è stato ripubblicato più volte ed ora è disponibile anche in versione videogioco. Molti altri giochi simulano la compravendita, ma nessuno ha avuto il solito successo del Monopoly.

Sarà il fascino di Mr. Monopoly o la comodità del tabellone, ma per molti “investire nel mattone” conviene ancora.

 

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Irene Procopio

Ciao, sono una Giurista e mi occupo di strategie di governo e gestione d'impresa.

L'obiettivo è impossibile solo se manca un piano. Date retta ai giuristi.

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