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12 Aprile 2025
Il giurisgioco. Il Risiko per la pace.
Irene Procopio
tempo di lettura: 4 min
Sicuramente vi sarà capitato di giocare a Risiko almeno una volta. Dallo scopo alla plancia del gioco, tutto si incentra sul tema della guerra.
Il tabellone si divide in 6 continenti, ripartiti a loro volta in 42 territori. Ogni giocatore dispone di: 1 armata di carri armati, 1 carta obiettivo di conquista e le carte territorio. Partendo dall’armata, questa sarà composta da un tot di carri armati a seconda di quanti sono a giocare e tutti i giocatori avranno il solito numero di carri a disposizione; la carta obiettivo, invece, è diversa per ogni giocatore e deve rimanere segreta fino alla fine; le carte territorio, poi, vengono distribuite all’inizio del gioco e sono conosciute da tutti i giocatori.
La domanda sorge spontanea: come trasformare un gioco di conquista in un gioco di pace?
C’è una locuzione latina famosa che dice “Si vis pacem, para bellum” (in latino: «se vuoi la pace, prepara la guerra»). Nonostante possa sembrare una contraddizione, questa locuzione rappresenta un’allusione molto profonda al concetto essenziale di pace, ovvero della pace come contrario della guerra e quindi parte integrante della stessa. Un po’ come dire che non ci può essere amore senza odio, l’affermazione che esiste grazie alla negazione.
Bene, proviamo ora ad applicare questo concetto al gioco. La conquista dei territori in Risiko presuppone la battaglia tra carri armati, una battaglia fatta di numeri, chi ha più carri armati vince il territorio battendo l’avversario. Questa dinamica spinge i giocatori a preparare le armate, sin dall’inizio del gioco, in funzione di quello che è il loro obiettivo. Mi spiego meglio, se il mio obiettivo è conquistare l’Africa, disporrò più carri armati possibili al suo confine in modo da prepararmi alla battaglia.
Così facendo, quindi, il gioco prosegue nelle sue fasi: rinforzare le proprie armate, attaccare un altro giocatore e spostare alcuni carri armati da un territorio a un altro. Quando si vince una battaglia, si spostano i carri armati da un territorio ad un altro senza poter disporne di altri; questo fa sì che alcuni territori restino inevitabilmente scoperti e quindi che il gioco prosegua secondo la solita logica.
Se l’intenzione fosse quella di garantire la pace, potremmo: da un lato, rinforzare di più i territori plausibilmente attaccabili dagli altri giocatori e dall’altro, non giocare per raggiungere l’obiettivo di conquista ma per raggiungere l’obiettivo di protezione dei territori indicati dalla carta obiettivo.
Ipotizziamo di non poter anticipare le mosse dei nostri avversari, dato che le carte obiettivo sono segrete per tutta la durata del gioco e sicuramente non basterebbe la sola disposizione dei carri armati per valutare le possibili tattiche di gioco. Allora ci ritroveremmo con solo la nostra carta obiettivo a guidarci e, sapendo, che gli obiettivi di conquista potrebbero essere condivisi con altri giocatori allora potremmo agire sui due fronti: difendendo al meglio le zone di confine dei nostri territori e trasformando il nostro obiettivo di conquista in obiettivo di pace e quindi difendere le zone di confine con i territori indicati nella carta obiettivo. Poi il gioco rivelerà le varie tattiche e li potremmo aggiustare il tiro con qualche alleanza inaspettata.
A questo punto il gioco proseguirebbe nelle sue fasi, ma secondo una nuova logica: rinforzare le armate dei territori da proteggere, difendere un altro giocatore e spostare alcuni carri armati da un territorio a un altro.
Mi rendo conto che questo approccio al gioco è fuorviante rispetto alle dinamiche per cui è stato pensato, ma è sicuramente un modo per pensare fuori dagli schemi e anche in una logica più attuale.
La sopravvivenza degli Stati non può più basarsi su una logica di conquista, perché questo comporterebbe guerre continue che, in un’ottica avanguardista, non risolverebbero i problemi sociali di cui oggi vogliamo farci più carico come la povertà, l’esclusione sociale e la salvaguardia ambientale.
In un’ottica pacifica e avanguardista occorrerebbe concentrarsi sui possibili danni della guerra e non sullo scontro in sé, perché le guerre del passato ci hanno insegnato che i danni della guerra possono essere ben più gravi e per di più molto duri da risolvere. Peraltro, ogni Stato ha le sue risorse e non sempre è stato facile rialzarsi dopo i grandi conflitti della storia.
Oggi, dovremmo imparare da questo e mantenere un occhio vigile sul futuro, su ciò che sarà e non solo su ciò che è in questo momento.
La storia di Risiko comincia negli anni ’50, quando il regista francese Albert Lamorisse inventa “La Conquête du Monde”, un gioco che verrà poi prodotto dalla Parker Brothers, ora parte della Hasbro.
Dagli anni ’50, fortunatamente, la situazione mondiale è cambiata, abbiamo l’ONU e altre organizzazioni che lavorano per la pace.