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27 Luglio 2024
Il giurisgioco. Indovina chi senza
discriminazioni.
Irene Procopio
tempo di lettura: 4 min
Almeno una volta, avrete giocato o
sentito parlare del gioco “Indovina chi”. Le regole sono semplici: bisogna
indovinare il personaggio assegnato all’altro giocatore dopo avergli posto una
serie di domande con risposta sì o no, vince chi indovina per primo.
In base alle domande e alle
relative risposte, a turno buttiamo giù le caselle con i personaggi del gioco
che non corrispondono all’identikit che via via riusciamo ad elaborare. Di
solito, si comincia con: <<è maschio?>>. E si continua con domande
tipo: <<porta gli occhiali?>> oppure <<ha i capelli
scuri?>>.
Vi siete mai chiesti se queste
domande siano discriminanti? Se sì, a che livello, secondo voi, potrebbero
risultare offensive o lesive di un qualche diritto?
Fino a che punto un accessorio
o il colore dei capelli ci rappresentano? E fino a che punto possiamo
cambiarli?
Qui arriva la parte più difficile.
Da giurista, posso affermare con
estrema sicurezza che, per un approccio etico al gioco, non è fondamentale
eliminare o limitare le differenze; anzi al contrario, è fondamentale
esaltarle.
Come fare allora per non
risultare discriminatori nelle domande?
Per un approccio etico alle
differenze, in generale, non è importante prestare attenzione alle uguaglianze,
ma limitare le disuguaglianze nel confronto.
Mi spiego meglio, tra chiedere
<<è maschio?>> o chiedere <<è femmina?>> non c’è
differenza di tipo etico, se non nel fatto che il giocatore dovrebbe valutare
la domanda in funzione del numero di maschi o di femmine tra i personaggi del
gioco. Qualora i maschi fossero più delle donne, questo risulterebbe un aspetto
discriminante; lo stesso varrebbe se fosse al contrario.
Rendiamo il discorso più tecnico e
proviamo ad approcciare al gioco tenendo presente l’Art. 3 della Costituzione
Italiana:
<<Tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali>>.
La tecnica di redazione normativa
utilizzata dal Legislatore della nostra Costituzione parla da sé. Come è facile
notare, infatti, il fatto che sia formulata positivamente, nella forma quindi
di un diritto e non di un divieto fa sì che l’articolo cominci con il termine
“tutti” e prosegua con l’aggettivo “pari”, concludendo poi con un “senza”;
quasi a voler sancire anche l’ordine di lettura dell’articolo scandito secondo
una scala di importanza tra i vari concetti che contiene.
Scrivere una norma non è per
niente semplice, vista la tecnicità dei termini, lo è ancora meno cercare di
farla trascendere dal suo contenitore originario e applicarla ad un gioco.
Se fossimo in grado di elaborare e
seguire qualunque regola avendo un approccio etico e secondo una chiave
tecnico-giuridica renderemmo il mondo un posto migliore.
Il fatto che il diritto risulti
troppo tecnico per molti è una conseguenza del numero eccessivo di norme da
seguire e di procedure obbligatorie, questo, però, non vale sui Principi
fondamentali della Costituzione che sono appunto pochi e genericamente formulati
con l’intento appunto di farli diventare una cornice giuridica valida in tutte
le circostanze e in tutti i periodi.
Tornando al gioco “Indovina chi”
proviamo ora a formulare una serie di domande che tengano conto delle premesse
giuridiche appena fatte e decidiamo di stabilire le parità tra i personaggi a
priori; quindi, avremo:
20 personaggi,
10 maschi e 10 femmine,
3 maschi e 3 femmine con gli
occhiali,
4 maschi e 4 femmine con i
capelli scuri,
2 maschi e 2 femmine col
cappello.
Possibile ordine di domande:
Porta gli occhiali?
Ha i capelli scuri?
Porta il cappello?
È femmina?
Come è facile notare, la
differenza a cui si tende dare più importanza è quella di genere. Questo non è
un caso, perché oggi il tema delle uguaglianze di genere è molto sentito e
particolarmente attenzionato.
Ed eccoci arrivati al dunque,
avrete sicuramente intuito che tutto cambia in funzione del contesto in cui
applichiamo la regola e quindi del fatto che dobbiamo necessariamente tener
conto del periodo storico di riferimento e delle tendenze!
Il gioco “Indovina chi”,
originariamente “Guess who” è stato inventato nel 1980 in Gran Bretagna e
prodotto lo stesso anno dall’azienda MB. Del gioco, attualmente distribuito in
Italia dalla Hasbro, ne esistono diverse versioni, di cui una raffigurante, al
posto dei personaggi classici, i protagonisti dei film d'animazione Disney,
un'altra con protagonisti i supereroi dell'universo fumettistico Marvel.
Se poteste ripensare il gioco
in chiave etica e personalizzandolo secondo i vostri gusti, vi farebbe piacere
più che i personaggi fossero simili tra loro o tutti diversi?
Non ritenendo fondamentale il
vincere nel gioco, opterei per una similitudine tra i personaggi per un
discorso puramente tecnico.
Proprio nella collettività
possiamo cogliere la nostra dimensione individuale e in questa poi ritrovarci
in quello che rappresenta la nostra identità. Un accessorio e il colore dei
capelli ci rappresentano nei limiti in cui decidiamo noi, tanto quanto il
portare un particolare tipo di cappello rappresenta un determinato stile di
abbigliamento.
Appartenere ad un particolare
gruppo non ci rende diversi nella massa di persone, ma ci rappresenta nella
nostra identità e nei nostri gusti personali.
Oggi comincia questa rubrica,
proverò ad applicare il solito metodo ad altri giochi nella speranza di
riuscire dove altri hanno fallito: giocare secondo etica e nel rispetto delle
regole!
Bisogna non dimenticare che un
baro resta un baro!