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10 Settembre 2022
L’organigramma
aziendale, uno strumento di impresa.
Irene Procopio
tempo di lettura: 4 min
Ogni impresa, piccola o grande che
sia, può trarre molti vantaggi dall’ideazione e conseguente rappresentazione
della sua struttura interna in forma grafica, sia rispetto ai processi che ai
metodi.
Uno schema grafico e concettuale rappresenta
l’impresa nel suo complesso e consente di avere una visione più o meno chiara
dei ruoli ai vari livelli della scala gerarchica e in quel dato momento
storico.
L’organigramma aziendale proprio
come una fotografia consente di osservare e allo stesso tempo di analizzare
come l’impresa mette in atto il ciclo produttivo e il conseguente processo di patrimonializzazione,
come svolge le varie funzioni aziendali e distribuisce responsabilità e poteri
di controllo e di direzione.
Dall’apice direzionale,
soprattutto nel caso di grosse imprese, si diramano tutta una serie di
procedure e metodi che può capitare non rispondano alle esigenze dell’impresa
stessa o del mercato di riferimento per motivazioni che posso andare dalla
scarsa cultura aziendale fino a veri e propri deficit di malfunzionamento.
Per l’imprenditore generico
l’organigramma potrebbe rappresentare un ostacolo per l’impresa che, impegnata
nel processo di produzione, non troverebbe tempo e risorse da dedicarvi.
Solo quando ci si rende conto che,
attraverso l’analisi e la schematizzazione, è possibile efficientare dei
processi allora l’organigramma acquista un valore per l’imprenditore che
diventa consapevole del reale funzionamento del sistema interno dell’impresa e delle
sue eventuali mancanze.
Oltre all’ottimizzazione e
all’efficientamento, un’altra importante finalità dell’organigramma è nella
certificazione di qualità sia di prodotto che di processo. Senza entrare nel
merito dell’argomento che compete ad altri, è importante segnalare che è un
elemento richiesto dalla normativa vigente che impone e sancisce controlli e
verifiche periodiche e per i quali è bene dotarsi delle risorse e degli
strumenti adeguati.
I diversi tipi di organigramma si
classificano in funzione di:
come rappresentano la struttura
gerarchica, ovvero:
organigramma
lineare verticale;
organigramma
lineare orizzontale;
organigramma
circolare;
come le varie funzioni sono
distribuite all’interno dell’impresa, ovvero:
organigramma funzionale, in cui un
livello intermedio svolge la funzione di coordinamento tra la direzione e il
comparto operativo;
organigramma divisionale, in cui la
direzione si dirama in direzioni divisionali suddivise per specifico prodotto o
servizio;
organigramma a matrice, in cui si ha un
mix delle prime due grazie a due direzioni, una di coordinamento e l’altra
divisionale per prodotto o servizio.
Un aspetto interessante di questo
schema è sicuramente legato al suo cambiamento nel tempo essendo, infatti, un
elemento statico legato a quel dato momento storico necessita di nuove versioni
in funzione dei cambiamenti che la stessa impresa mette in atto e di cui ha
bisogno per crescere all’interno del mercato.
Ad esempio nel caso di ricerca del
personale, l’organigramma è d’ausilio all’attività di HR, che potrebbe
facilmente individuare le necessità dei vari comparti e per i neoassunti così
da avere un’idea generale dei ruoli dei colleghi e del funzionamento interno
dell’impresa.
Capita, però, che l’organigramma
sia fatto male o peggio che questo non rispecchi fedelmente la struttura
organizzativa dell’impresa, causando non pochi problemi sia dal punto di vista
della produzione che di trasparenza dell’impresa confondendo e alterando l’immagine
con cui si presenta.
Capita, anche, che sia proprio
l’organigramma ad evidenziare le problematiche o le mancanze, cosa che lo rende
ancor di più uno strumento di miglioramento e crescita per l’impresa che con
consapevolezza agisce miratamente sul problema evidenziato.
Molto spesso, in particolare nelle
piccole imprese, l’organigramma evidenzia uno sbilanciamento delle funzioni
aziendali nei confronti dei commerciali o addetti alle vendite, sia interni che
esterni. Un dato non da poco se si considera che per molti imprenditori le
vendite e le relazioni con l’esterno rappresentano il fine ultimo dell’attività
e non anche uno degli elementi che caratterizzano l’impresa. Affidare la
gestione delle relazioni e della conclusione dei contratti ai soli commerciali,
però, comporta alcuni rischi tra i quali: la perdita di focus sulla produzione
che, volenti o nolenti, resta il fulcro dell’attività d’impresa e ne influenza il
valore in termini qualitativi; l’assorbimento da parte dei commerciali del
potere direzionale che influenza le scelte dell’impresa in termini di
affiliazione e marketing; l’indebolimento o addirittura la totale non
considerazione della pianificazione strategica quale motore di sviluppo e crescita
dell’impresa.
In un’ottica business oriented
sembrerebbe fondamentale dotarsi di risorse e metodi che, stando alle promesse,
portino ad incredibili aumenti di fatturato, sta di fatto, però, che per una
sana gestione d’impresa non è possibile farlo esclusivamente attraverso le
vendite. Ai fini di una graduale e stabile crescita, la pianificazione
strategica considera tutti gli elementi che caratterizzano l’impresa, dalle
risorse e strategie alle strutture di costo e ai modelli di ricavi.
Può capitare che i cosiddetti “key
man” assicurino all’impresa un vantaggio competitivo, sempre nell’ottica di una
sana gestione d’impresa.
Se senza di loro tutto crollasse
dovremmo chiederci se non sia forse una questione di metodo?!