24 Settembre 2022

La nullità del marchio. Il caso Adidas.

Irene Procopio

tempo di lettura: 5 min

Foto di sbl0323 da Pixabay
La valutazione di un investimento sul marchio non può prescindere da un’analisi accurata della corrispondenza tra marchio, obiettivi e prodotti. Si rischia di registrare un marchio inutilmente o peggio di perderlo, tanto vale per le piccole, per le medie e per le grosse imprese.

Come altri istituti giuridici, il marchio d’impresa offre uno strumento di protezione e allo stesso tempo di promozione per l’impresa che ne è titolare. La normativa ci aiuta ad inquadrare in una cornice quelli che sono i requisiti, tanto grafici quanto tecnico-giuridici, necessari affinché il tutto vada a buon fine e quindi si ottenga un vantaggio dall’investimento nella registrazione.

I requisiti di validità del marchio sono:

  • la novità, ovvero che il marchio non sia stato usato in precedenza o che non consista esclusivamente in segni d’uso comune;

  • la liceità, ovvero che il marchio non contenga segni contrari alla legge o ingannevoli per il pubblico (definita verità del marchio);

  • la capacità distintiva, ovvero che il marchio non corrisponda a denominazioni generiche del prodotto o del servizio o alla loro figura generica.

Le cause di nullità del marchio possono essere:

assolute, ovvero:

  • la mancanza di uno o più requisiti di validità;

  • il caso di malafede del richiedente;

o relative, ovvero:

  • l’esistenza di marchi anteriori simili o identici;

  • l’esistenza di diritti anteriori su quel marchio.

Ci sono, però, degli aspetti che la norma sottintende e che riguardano più che altro l’uso del marchio in ambito promozionale e di comunicazione rispetto ai prodotti.

In primis lo stile grafico che, nonostante sia importante riferito all’immagine dell’impresa, per la normativa è sufficiente che non corrisponda a riferimenti generici o figure banali. Questo perché, nella ratio del legislatore, la grafica concorre insieme ad altri elementi, come il nome, i colori e le classi merceologiche all’identificazione del marchio e all’associazione con l’impresa e i suoi prodotti.

Un altro aspetto che la norma tocca indirettamente riguarda i marchi simili o identici, a cui rinvia col requisito della novità del marchio. Rispetto alla novità è importante segnalare che, in un’eventuale controversia, per provare la preesistenza di un marchio occorre una documentazione robusta che dimostri non solo l’esistenza, ma anche l’utilizzo effettivo di quel marchio su tutto il territorio a cui la registrazione si riferisce.

In sostanza, calando la norma in una dimensione concreta d’impresa si capisce come la grafica, l’immagine aziendale e il titolo giuridico siano in realtà interconnessi e legati a quello che è l’obiettivo aziendale della registrazione.

Ipotizziamo di avere capitale sufficiente a registrare un marchio solo rispetto ai 3 effettivamente utilizzati. Aspetto di analizzare le vendite per registrare quello riferibile ai prodotti di punta? Oppure registro quello con la grafica migliore perché più apprezzato? Oppure ne creo un quarto che li inglobi tutti e 3?

Potranno sembrare ipotesi sciocche, ma corrispondono alle perplessità e ai dubbi che nascono quando non si hanno le idee chiare su come sfruttare in modo efficiente e proficuo un marchio d’impresa. L’errore potrebbe essere a monte e, quindi, riguardare proprio lo scopo del marchio.

Molto spesso l’iter di creazione dell’immagine aziendale, in assenza di un professionista a supporto, parte da uno stile grafico e quindi dalla creazione del logo. Pur essendo un aspetto fondamentale, la grafica non può essere slegata da quelli che sono gli obiettivi di immagine e di posizionamento dell’impresa. Partendo esclusivamente dal logo si crea una sorte di limite alla comunicazione e alla promozione dell’impresa che il consulente o manager di turno avrebbe poi l’onere di risolvere a posteriori e con molte difficoltà.

Il problema sta nel vedere lo stile grafico come un elemento a sé stante, ovvero esclusivamente d’estetica del prodotto e quindi legato ai gusti e a ciò che l’impresa vuol comunicare. Questo approccio, infatti, non si adatta ad una gestione efficiente delle risorse aziendali che comprendono anche il marchio d’impresa, tanto quanto il personale e il capitale d’investimento ecc.

Non è detto che anche tra i brand più rinomati le strategie e le risorse siano ben direzionati, come sempre occorre una valutazione caso per caso e con il giusto senso critico.

Il caso Adidas.

La storica azienda di abbigliamento sportivo, conosciuta e rinomata in tutto il mondo, è stata protagonista di una controversia presso il Tribunale UE, ora in appello presso la Corte di Giustizia Europea.

Nel 2014, probabilmente in netto ritardo rispetto agli obiettivi di mercato raggiunti, Adidas ha registrato il marchio composto da tre strisce nere, parallele ed equidistanti, di uguale larghezza, applicate sul prodotto in qualsiasi direzione.

Nel 2016 poi l’impresa belga Shoe Branding Europe BVBA, in favore della registrazione del suo marchio composto da due strisce parallele, ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio della Adidas che è stata accolta dall’EUIPO (European Union Intellectual Property Office). La decisione dell’Ufficio Europeo, motivata sulla base della scarsa capacità distintiva del marchio, è stata poi confermata dal Tribunale dell’UE che ha rigettato il ricorso di Adidas, aggiungendo ulteriori motivi a fondamento della decisione.

Volendo analizzare il caso insieme, possiamo facilmente trovare le condizioni che hanno sfavorito Adidas:

  • il ritardo nella registrazione del marchio, infatti, l’Adidas è stata costituita nel 1949 e il marchio registrato nel 2014;

  • la differenza tra il marchio registrato (tre strisce nere) e quello effettivamente in uso (tre strisce bianche), per non parlare di ulteriori marchi usati e non registrati come la stessa scritta “adidas”;

  • la difficoltà, conseguente al ritardo nella registrazione, nel dimostrare l’effettivo uso del marchio in tutto il territorio dell’UE che per i giudici europei copriva solo cinque Paesi;

  • la rinomanza del brand che, grazie ai suoi incassi e al suo successo, ha stimolato i concorrenti ad utilizzare loghi simili che, anche nell’ipotesi di una scarsa qualità dei prodotti, rimandano nell’immaginario collettivo alla nota Adidas.

Il brand management riguarda una vera e propria strategia di gestione del marchio, sia rispetto ai prodotti e alla loro targhettizzazione che rispetto al piano di promozione e marketing e a quello finanziario. Si comprende, così, che la grafica pur essendo un elemento importante è solo uno dei molti strumenti per un’impresa che voglia posizionarsi e crescere nel mercato di oggi. E allora sì che si è in grado di valutare un investimento nella registrazione del marchio, con la consapevolezza di sapere come e quando sfruttarlo.

Per un’impresa moderna che punta ad una crescita e ad uno sviluppo sostenibile è fondamentale progettare l’immagine aziendale in tutti i suoi aspetti e dall’inizio, ovvero dal progetto di impresa nella sua fase di ideazione. L’eterogeneità delle figure professionali a supporto e il lavoro di squadra mirato agli obiettivi aziendali, dalla pianificazione strategica al design, sono sicuramente un aiuto importante che, tanto quanto approvvigionamenti e produzione, fanno da spinta per raggiungere il massimo dei risultati e con uno sforzo pianificato e ottimizzato.


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Irene Procopio

Ciao, sono una Giurista e mi occupo di strategie di governo e gestione d'impresa.

L'obiettivo è impossibile solo se manca un piano. Date retta ai giuristi.

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