4 Ottobre 2025

Pianificazione strategica: la diversificazione del rischio.

Irene Procopio

tempo di lettura: 4 min

Foto di Austin Distel su Unsplash
Come si può parlare d’imprenditoria oggi senza considerare uno degli aspetti cruciali dell’attività d’impresa: il rischio?

L’impresa è di per sé rischiosa, tanto per i costi da sostenere che per i ricavi che ci dovranno necessariamente essere e per i servizi di finanziamento che quasi sempre bisogna acquistare.

Secondo le prassi tipiche della cultura italiana, l’imprenditore che non ce la fa è finito. In altri Paesi, invece, le imprese aprono e chiudono senza troppi drammi, gli imprenditori si ripensano e ridisegnano i loro progetti in base alle esigenze. Perché, diciamolo, fare impresa non è semplice.

Non esiste una formula precisa per farcela, ma, per fortuna, esistono strategie utili a mitigare e gestire il rischio d’impresa.

Quando parliamo di rischio ci riferiamo all’effetto della

incertezza sugli obiettivi

così definito nel Risk management. All’interno dell’attività imprenditoriale di obiettivi ce ne sono tanti e si possono suddividere in 3 sottocategorie di obiettivi aziendali: obiettivi di vendita, obiettivi d’immagine, obiettivi di prodotto/servizio. Quindi, l’imprenditore astuto è quello che setta gli obiettivi prima di avviare il suo progetto.

Perché settare gli obiettivi?

Per avere chiaro il risultato da ottenere, per poter progettare la strategia migliore per raggiungerlo e, soprattutto, per valutare i possibili rischi e le strategie migliori per gestirli.

Il rischio non si può sempre evitare, ma si può sempre gestire, infatti, il vero problema è nell’intercettazione del rischio. C’è chi si premura di avere gli strumenti necessari per valutare, in anticipo, i potenziali rischi e c’è chi si improvvisa nel sempre e costante “come va, va”.

Ma, parliamo chiaro, quando si parla di costi, ricavi, vendite e pubblicità, improvvisare è davvero troppo rischioso. Stiamo parlando di cifre che variano da €10.000 a €100.000 e oltre.

Il rischio di impresa, secondo Ansoff, si riferisce al livello di incertezza e potenziale perdita associato alla strategia di crescita. Allora, possiamo dedurne che per crescere dobbiamo necessariamente affrontare i rischi che derivano da questa crescita. Quasi come fossero indissolubilmente legati, impresa e rischio non si separano mai. Se vuoi crescere devi affrontare il rischio.

Ansoff, pioniere dello strategic management, individua 4 possibili strategie di crescita per l’impresa:

  1. La penetrazione del mercato. L’impresa vuole posizionarsi nel suo mercato di riferimento e, quindi, aumentare il numero di clienti e, conseguentemente, i ricavi.

  2. Lo sviluppo di prodotto. L’impresa vuole introdurre nuovi prodotti nel mercato in cui è già presente e, quindi, aumentare i canali di redditività.

  3. Lo sviluppo di mercato. L’impresa vuole penetrare un nuovo mercato. Questo può avvenire espandendosi geograficamente in nuove aree o Paesi, raggiungendo nuovi segmenti di clientela con gli stessi prodotti o sfruttando nuovi canali di distribuzione.

  4. La diversificazione di prodotto. Prevede l'introduzione di nuovi prodotti in nuovi mercati.

La matrice di Ansoff classifica le strategie in base al rischio. Il rischio aumenta progressivamente passando dalla penetrazione (meno rischiosa, con prodotti e mercati esistenti) alla diversificazione (la più rischiosa, con prodotti e mercati nuovi).

L’approccio più efficace ed efficiente all’attività d’impresa è quello che, valutando la fase in cui l’impresa si trova, progetta una strategia di crescita in un tot di anni; che, come detto in altri articoli, non può andare oltre i 5 anni per volta. Quindi, di 5 anni in 5 anni, l’impresa cresce e si rinnova, cresce e si rinnova fino a quando non arriva ad un livello tale che deve ripensarsi nel suo assetto giuridico, magari entrando in Borsa, creando un gruppo societario e una holding. Insomma, fino a quando non si diventa grandi.

Molte imprese hanno seguito Ansoff nella loro crescita, inclusa Coca-Cola (che ha usato tutte e quattro le strategie, come la creazione di nuove varianti come Coca light e Coca zero e l'espansione in mercati internazionali col merchandising) e McDonald's (che ha introdotto sconti per i clienti attuali, creato nuovi prodotti come opzioni vegetariane e ampliato la sua rete globale con le concessioni territoriali).

Tempo fa ho parlato con un giovane imprenditore, non mio cliente. Mi ha raccontato delle difficoltà finanziarie che stava affrontando e, nello spiegarmi come aveva deciso di intervenire, mi ha detto: <<E quindi ora riduco i costi al minimo!>>.

Perché ridurre i costi, anziché aumentare i ricavi?

Chiaramente, perché non aveva una strategia per raggiungere i suoi obiettivi, o può darsi non avesse proprio chiari i suoi obiettivi.

C’è un acronimo che definisce in pochi semplici step l’obiettivo, a mio avviso in modo molto efficace: SMART. Secondo le più moderne tendenze del management aziendale, gli obiettivi devono essere SMART.

  • S come specifico

  • M come misurabile

  • A come raggiungibile (dall’inglese achievable)

  • R come realistico

  • T come definito nel tempo

Perché la differenza tra un obiettivo e un sogno è proprio qui, il sogno non è smart!


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Irene Procopio

Ciao, sono una Giurista e mi occupo di strategie di governo e gestione d'impresa.

L'obiettivo è impossibile solo se manca un piano. Date retta ai giuristi.

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