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19 Luglio 2025
AI e consulenza agricola e
agroalimentare.
Tiziana Procopio
tempo di lettura: 5 min
Qualche giorno
fa mi sono imbattuta in un articolo di una nota rivista di settore in cui
venivano illustrati i vantaggi dell’utilizzo dell’AI anche in ambito agricolo e
agroalimentare.
Nel settore
agricolo, come in ogni altro settore scientifico, l’innovazione, la tecnologia
e la raccolta dei dati sono fondamentali per il miglioramento della struttura
aziendale e il potenziamento delle capacità delle aziende, della ricerca, ma
anche delle materie prime, del packaging e di tutto ciò che ruota attorno al
comparto. Su questo non vi è alcun dubbio.
Tuttavia, da
professionista del settore e consulente per le aziende ho il timore che possa
passare il messaggio che le aziende, i prodotti e tutto il settore possa andare
avanti senza ausilio di consulenti e tecnici, fa un po' paura.
Artificial
Intelligence.
Nonostante sia
consapevole di quanto un professionista possa offrire alle aziende e
contribuire alla crescita di queste, sono anche altrettanto sicura che molti
degli imprenditori agricoli attivi siano andati su una delle note piattaforme a
proporre domande, ritenendo anche le risposte ricevute sufficientemente
esaustive ed esaurienti da un punto di vista prettamente pratico, tanto da
considerare l’idea che il compenso per un professionista, a cui porre la stessa
domanda, possa essere un plus non necessario.
Detto questo,
dobbiamo pur considerare che ciò che l’AI ci restituisce come risposta è dato
da nozioni fini a sé stesse e che, se isolate e prese singolarmente, possono
effettivamente corrispondere ad affermazioni reali, corrette, esaurienti.
Se non fosse
che, all’interno di un ambiente naturale, le interazioni e gli indicatori che
un professionista assume prima di esprimere un parere tecnico-professionale
(perché è qui la reale differenza!) sono la somma di tanti indicatori, che insieme
consentono di raggiungere un parere assolutamente soggettivo e indicativo di
quel caso e nessun altro.
Drosophila
melanogaster.
Quando mi trovo
a dover esaminare una problematica, che sia in pieno campo, che sia in un
fabbricato aziendale, mi viene sempre in mente la ricerca scientifica e il
metodo applicato. I caratteri studiati per definire e valutare l’evoluzione
delle specie, infatti, sono sempre suddivisibili in caratteri morfologici e
fenologici. I primi si riferiscono alle caratteristiche intrinseche della
specie, mentre i secondi considerano l’effetto dell’ambiente sulla specie
oggetto di studio.
In particolare
mi viene sempre in mente la Drosophila melanogaster, uno degli organismi più
studiati nella ricerca biologica, soprattutto in ambito genetico, su cui Morgan
e prima ancora di lui Mendel, compirono importantissimi studi
sull’ereditarietà.
A seguito dei
suoi studi Mendel enunciò tre leggi fondamentali per lo sviluppo della genetica.
Nella prima
legge di Mendel, egli affermò che “gli ibridi si ottengono dall’incrocio di due
diverse linee pure, con alternative distinte di uno stesso carattere, tutti
identici tra loro e a uno dei due tipi parentali; il carattere che compare
viene detto dominante”.
Nella seconda
legge di Mendel, affermò invece che “gli elementi che formano una coppia di
fattori ereditari si separano casualmente al momento della formazione dei
gameti, perciò ciascun membro della coppia è presente nella metà dei gameti
prodotti”.
Nella terza
legge di Mendel, ultima ma non per questo meno importante, affermò che “al
momento della formazione dei gameti, la segregazione di ogni coppia di alleli
segue autonomamente le leggi del caso, per cui si può produrre un assortimento
indipendente dei caratteri”.
Mendel impiegò
sette anni per riuscire a spiegare la trasmissione dei caratteri ereditari.
Dopo sette anni di selezione di linee pure, identificò, tramite
autoimpollinazione, sette varietà di fiori che differivano nella forma del
seme, nel colore, nella forma e nel colore del baccello, nell’altezza del
fusto. Arrivò alla conclusione che incrociando due caratteri, uno dei due
(rosso e bianco, dominante e recessivo, rispettivamente), quello dominante
prevaleva sul carattere recessivo.
La legge del
più forte, ma non solo.
In buona
sostanza, Mendel arrivò a formulare le tre leggi effettuando prove di incrocio
tra diversi ibridi e per più generazioni, valutando tuttavia soltanto i
caratteri fenologici della riproduzione messa in atto: le leggi di Mendel
spiegano la trasmissione dei caratteri ereditari determinati da un solo gene
(caratteri monofattoriali).
Ciò che anche
Mendel non poté considerare sono invece, i caratteri multifattoriali, ovvero
l’interazione di più geni tra loro e dei geni con l’ambiente. Tuttavia, i
caratteri osservati da Mendel sono caratteri in cui c’è una chiara relazione
fra gene e fenotipo: il determinato gene determina un determinato carattere
osservabile.
Ma allora
quando i caratteri sono controllati da più geni? Qual è l’effetto cumulativo di
questi?
Ebbene si somma
la loro azione per dare manifestazione del carattere (altezza di una persone,
colore della pelle sono caratteristiche che dipendono da più geni, per
intenderci).
Ecco perché
Morgan, a differenza di Mendel, studiò i caratteri ereditari sulla Drosophila
melanogaster e non sui piselli come il collega: animale piccolo, facile da
maneggiare, che si riproduce velocemente e con un ciclo vitale breve. I geni
situati sui cromosomi sessuali vengono infatti ereditati in rapporti che
differiscono da quelli mendeliani, includendo anche i cromosomi sessuali:
incrociando femmine con occhi bianchi con maschi con occhi rossi, si vede che
il carattere non segue le leggi di Mendel. Tutte le femmine hanno gli occhi
rossi, mentre i maschi gli occhi bianchi: il carattere colore dell’occhio è
determinato da un gene localizzato sul cromosoma X.
Ecco allora
che, ritornando alla nostra competenza e professionalità in ambito
tecnico-scientifico, allo stesso modo se avessimo fatto affidamento solo sulla
teoria Mendeliana e se Morgan non avesse posto ulteriore interrogativo sulla
sua applicazione, ad oggi non avremmo ancora una teoria sull’ereditarietà
veramente affidabile e veritiera.
Allo stesso
modo, non me ne vogliano Mendel e Morgan, l’utilizzo di una mera attività di
ricerca ed estrapolazione dati effettuata da unica fonte, con capacità di
interpretazione mai equiparabile all’intelletto umano (fosse anche solo per la
soggettività che ognuno di noi possiede!), consente sì di ottenere una risposta
esaustiva ed esauriente, ma anche parziale.
E allora come
sempre, prima di pensare di risparmiare per un “parere” fatto male, pensiamo
sempre di scegliere la qualità di un parere tecnico-professionale, consapevole
e competente, che non vale quanto paghiamo, se consideriamo la capacità di
ritorno del vantaggio nel medio-lungo periodo.