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4 Dicembre 2021
C’era scritto. Allevamento a terra.
Tiziana Procopio
tempo di lettura: 3 min
La stragrande maggioranza dei
consumatori, il target medio di riferimento rispetto ai beni primari più
consumati a livello nazionale, si dimostra nella maggior parte dei casi
disinformato o male informato sulle informazioni da ricercare in etichetta rispetto
ai vari beni alimentari.
Abbiamo già parlato più volte di
quanto possa essere “ignorata” l’importanza dell’etichetta e la funzione che
essa svolge (la comunicazione tra produttore e consumatore, il suo primo
strumento, ricordiamolo!), ma mai siamo entrati nel dettaglio delle diciture
che creano confusione più o meno volutamente un po' su larga scala nella platea
di consumatori destinatari.
Allevamento a terra.
La notizia non passa inosservata
quando, soprattutto tramite rete social, si diffonde la notizia del codice
alfanumerico riportato su ogni singolo uovo: riporta indicazione del Paese di
produzione, della tipologia di allevamento e della data di deposizione dello
stesso.
È proprio sulla tipologia di
allevamento che ricadde e ricade ancora oggi, maggiormente l’attenzione del
consumatore al momento dell’acquisto.
Perché?
Di fatto, fino a quel momento,
nessuno si era posto alcun interrogativo in merito al come fossero allevate le galline da cui produrre le uova in
allevamento. Nonostante la Direttiva CE/58/98 fosse appunto risalente agli anni
’90.
Ebbene l’attenzione del
consumatore negli ultimi anni (possiamo dire “del nuovo millennio”?) si è
sempre più focalizzata sui metodi produttivi, sulle tecniche di allevamento e
coltivazione, sull’attenzione delle aziende produttrici rispetto all’impatto
ambientale.
Ciò non ha condotto, tuttavia, ad
una informazione guidata, giusta e sana rispetto alle tecnologie produttive.
Tanto da portare il consumatore medio alla ricerca di informazioni di puro marketing in etichetta,
piuttosto che a soffermarsi su quelle informazioni di vera tracciabilità e informazione al consumatore invece imposte
dalla normativa cogente.
Ecco che tra gli scaffali della
GDO, e nelle botteghe di alimentari, si sente la fatidica domanda:
“Ma sono allevate a terra?”, come se per terra si intendesse
l’allevamento sul suolo, nell’aia, con metodo naturale.
Ebbene sarà forse il caso di
sfatare il mito della TERRA sulle confezioni di uova intesa come suolo o aia:
la terra che si menziona sul packaging di una o l’altra marca, non è altro che
una trovata commerciale per accaparrarsi anche il consumatore più attento nella
scelta del prodotto uova.
Il packaging potrà dire
“allevamento a terra” e non mentire al consumatore, perché di fatto non vi sarà
alcuna gabbia per l’allevamento delle galline, ma la vera tecnologia di
allevamento è quella riportata sull’uovo all’interno, si tratta di allevamento
in fabbricato e al chiuso.
Come fare allora per scegliere un allevamento attento all’ambiente
senza dover aprire la confezione e prima di arrivare a casa?
L’allevamento all’aperto. Quando troviamo in etichetta allevamento
all’aperto, l’azienda avrà fatto riferimento all’utilizzo di metodi produttivi
in cui una parte o tutto l’allevamento è
dimensionato con spazi all’aperto, con una vera e propria aia per le galline.
L’allevamento biologico. È un metodo produttivo che sceglie di
adottare una produzione senza l’uso di sostanze chimiche, ma non per questo
esclude l’utilizzo di pavimentazioni in
cemento o allevamento in fabbricati, e quindi al chiuso.
L’allevamento a terra. Si utilizza per indicare un sistema
produttivo senza ausilio di gabbie a più piani per gli animali allevati, ma
semplicemente un sistema di allevamento
su pavimentazione libera o su gabbie su un solo piano, all’interno di un
capannone/fabbricato aziendale.
A fronte di quanto detto
pertanto, ci auspichiamo che il consumatore medio possa apprendere e imparare
la distinzione tecnica tra i metodi di allevamento avicoli, per essere poi più
consapevole nella scelta di un prodotto o l’altro sullo scaffale al momento
dell’acquisto.
Non è semplice, per chi non ha
studiato tali materie, intendere le distinzioni tra un prodotto e l’altro, ma
l’informazione e l’etica professionale ci impone di divulgare la giusta
informazione rispetto alla valutazione della scelta di ognuno di noi, in quanto
consumatori.
Siamo responsabili del sistema di
cui facciamo parte, volenti o nolenti. Senza giudicare come migliore un metodo
piuttosto che un altro, perché siamo consapevoli che ogni imprenditore agricolo
e allevatore ha a cuore la produzione agricola e sta invece al tecnico al suo
fianco indirizzarlo verso ciò che è meglio per la propria azienda. Il profitto
è importante, ma con coscienza.