22 Giugno 2024

La stagionalità dove la trovo?

Tiziana Procopio

tempo di lettura: 5 min

Image by seolhee kim from Pixabay
Ogni famiglia ha una propria organizzazione rispetto alla spesa. C’è chi preferisce recarsi al supermercato, chi al mercato di quartiere, chi si rivolge al vicino contadino. Anche rispetto alla tempistica con cui si fa praticamente, differisce da famiglia a famiglia: settimanale, quotidiana o ogni due giorni e aggiungete voi altre vostre cadenze.

Frutta e verdura.

L’ago della bilancia nelle diverse scelte è quasi sempre dettato dalle abitudini alimentari della famiglia e, in particolare, dai prodotti freschi, ovvero quei prodotti che vengono acquistati allo stato fresco e possono anche essere consumati tal quali, senza essere prima cotti o trasformati in alcun modo.

Frutta e verdura sono quelli che, nelle abitudini alimentari, caratterizzano con chiarezza il prodotto fresco. In quanto tale, è un prodotto che ha un tempo di commercializzazione e di consumo estremamente limitato: un prodotto fresco può essere commercializzato, infatti, entro al massimo 7 giorni dalla data di confezionamento, che sia quest’ultimo effettuato dalla GDO, il contadino o il venditore che commercializza oppure dal consumatore al momento dell’acquisto.

Shelf-life.

È il periodo che garantisce la sicurezza alimentare del prodotto fresco. Entro i 7 giorni, infatti, il prodotto fresco mantiene le caratteristiche del prodotto note e, con esse, anche la caratteristica fondamentale perché un alimento sia sicuro: la qualità del prodotto.

Ma cosa porta a definire un prodotto di qualità oltre alla mera shelf-life e alle condizioni di vendita?

Ebbene, un alimento fresco deve essere mantenuto fino al consumo ad una temperatura di conservazione compresa tra 2°C e 10°C; deve mantenere fino al consumo, TUTTE le caratteristiche che ci portano ad acquistarlo: colore, aroma, aspetto, integrità.

E la stagionalità?

La stagionalità di un prodotto fresco si definisce come “il periodo dell’anno in cui quel prodotto alimentare può essere coltivato e raccolto in natura” senza condizionamenti antropici (umani si intende!) e senza condizionamento climatico.

Il pensiero comune identifica il prodotto stagionale come un prodotto di migliore qualità rispetto a un prodotto non stagionale, per convinzione sociale e per le interazioni umane (o antropiche, vedi sopra!), che si ricollegano alla sua produzione.

Ma sfatiamo questa “credenza”.

Il condizionamento antropico.

Le tecnologie che aiutano l’uomo a produrre alimenti fuori stazione non sono altro che strutture di copertura, ventilatori, riscaldamento, concimazioni, irrigazione, trattamenti fitosanitari.

Nello stesso immaginario culturale e collettivo, vi chiedo di sviluppare una valutazione sulle singole tecnologie menzionate e vi aiuto anche nello sviluppo, perché no: se abbiamo freddo, ci copriamo e allora le strutture di copertura e il riscaldamento, svolgono la stessa funzione sull’alimento; allo stesso modo se abbiamo caldo, accendiamo il condizionatore, al pari dei ventilatori.

Ancora più semplice, quando abbiamo sete beviamo, così come quando siamo ammalati prendiamo una medicina o delle vitamine per evitare di arrivare ad ammalarci.

Ecco allora che si evince da sé che nessuna delle tecnologie utilizzate nelle produzioni fuori stagione possa avere carattere “nocivo” o “tossico” né tanto meno “malsano” per il nostro organismo (si, perché un prodotto sia di qualità, deve poter soddisfare i bisogni più o meno espliciti del nostro organismo, per definizione!).

Ma posso scegliere?

Il mercato, in cui viene commercializzato il prodotto fresco e in generale per tutti i prodotti food, è un mercato libero: noi consumatori possiamo sempre scegliere tra una moltitudine di prodotti, con differenti caratteristiche.

E anche in quel caso, nella scelta, ci si fa guidare da diverse ideologie personali: il prezzo, il gusto, la necessità, la disponibilità!

Ma se volessimo proprio riconoscere e quindi scegliere un prodotto fresco stagionale da uno non stagionale, attenzione, dovremmo farlo solo ed esclusivamente per una scelta organolettica e semmai per una questione di prezzo.

Prezzo.

Si. Una produzione fuori stagione richiede le tecnologie necessarie per ricreare l’habitat naturale (di origine!) del prodotto coltivato: il condizionamento climatico. E questo ha un costo di produzione che di conseguenza ricade sul prezzo di vendita e quindi sul consumatore.

Non di meno, tuttavia, la scelta varietale di un prodotto consente una possibile discriminante tra un prodotto di stagione e un prodotto non di stagione, quanto per la zonizzazione delle cultivar.

Prendiamo ad esempio il Pomodoro. Esistono in commercio diverse varietà di Pomodoro e ognuna in un periodo preciso, che siano ottenute durante la stagione o che siano ottenute fuori stagione.

Se a Gennaio possiamo seminare Pomodori var. Pachino, possiamo considerare Febbraio/Marzo per la messa a dimora delle piantine nel terreno e poi raccogliere da Luglio a Settembre seguendo i cicli naturali. È chiaro quindi che il condizionamento climatico anticipa tutte le fasi, facendo sì che anche in altri periodi riusciamo ad avere produzioni di Pachino e non solo nel periodo prettamente estivo (non a caso sono la varietà di Pomodoro presente in GDO, quasi tutto l’anno), perché altra variabile è anche la zona di produzione.

Se consideriamo poi altre varietà di Pomodoro (Cuore di bue, Sardo, Piccadilly, San Marzano, ecc.), la stagionalità rimane per lo più la stessa, cambia sempre e solo il condizionamento climatico e la zona di produzione.

E allora perché aumenta il prezzo?

La disponibilità di condizionamento è legata alla tecnologia applicata alla produzione, vero, ma anche alle condizioni climatiche iniziali!

Se mi trovo in Piemonte e coltivo Pomodoro in coltura protetta, condizionando l’ambiente e favorendo le condizioni ottimali al suo accrescimento, farò più fatica che non in Campania, in Sicilia o in Calabria, dove climaticamente le stagioni sono più miti e il condizionamento tecnologico favorisce i tempi di produzione molto più che al Nord Italia.

La conseguenza si riscontra nel prezzo perché tuttavia, se acquisto a Milano, il prodotto Pomodoro coltivato in Sicilia necessità di maggiori costi di trasporto di quanto ammonterebbe se fosse prodotto in Lombardia. 

La sorpresa.

Un Pomodoro, o qualsiasi altro prodotto fresco, quindi, non è di qualità perché stagionale o meno, diviene una scelta di qualità quella di preferire un prodotto tanto più italiano che non estero, semplicemente perché, per far sì che sulle nostre tavole il Pomodoro sia al massimo momento di equilibrio tra gusto e qualità organolettica, è necessario anticiparne la raccolta o attingere a altre aree del globo dove forse non è la stessa normativa restringente come quella italiana a tutelare il consumatore o, per lo meno, anche in termini di costo, rileviamo una cifra così esosa da essere evidente lo stesso lungo, lunghissimo tragitto effettuato da quel Pomodoro prima di averlo consumato.

E allora si, non vi sono pesticidi, sostanze chimiche, o magie celate dietro un prodotto fuori stagione. Vi è soltanto la presunzione umana di volere sempre tutto e subito, come se fosse un atto dovuto anche dalla stessa natura, quando tuttavia, non è possibile controllarne il metodo, se non per mezzo di osservazione ed esperienza.

E anche in questo caso, basta mettere fuori il naso e constatare come, ahimè, ci spiace ammetterlo con fare un po' da “giovani-vecchi”… Non ci sono più le mezze stagioni (o le stagioni come le conosciamo, in generale!).

Pertanto, come sempre, vi esorto all’informazione, alla NON condanna di imprenditori che investono in tecnologie e innovazione per produzioni sempre più di qualità e alla valutazione prodotto per prodotto.

Senza mai dimenticare, che…

Guidati, è meglio.


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Tiziana Procopio

Ciao, sono Agronomo e Auditor, mi occupo di gestione aziendale in ambito agroalimentare, ma anche formazione, qualità e sicurezza.

Chiediti cosa sei chiamato a fare, e poi fallo con passione. Guidati, è meglio. 

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