Questo sito web utilizza i cookies per garantire all'utente la migliore esperienza possibile quando visita il sito web. L'utente è invitato a prendere visione della Privacy Policy per maggiori informazioni in merito. Facendo clic su "Accetto", l'utente accetta l'uso dei cookies non essenziali
IgnoraAccetto
28 Agosto 2021
Mi hanno chiesto, vi rispondo. La soluzione.
Tiziana Procopio
tempo di lettura: 2 min
Quando un cliente sceglie di
rivolgersi ad un professionista, ci possono essere due motivazioni: migliorarsi
o risolvere un problema. Nella maggior parte dei casi si
parte dal secondo motivo per poi incanalarsi in un percorso di miglioramento,
avendo appunto riscontrato dei vantaggi nella risoluzione di un problema.
La capacità di entrare nel
pensiero del cliente, conoscere la sua realtà “azienda”, è cosa che richiede
grandi capacità di osservazione e ascolto. Non sempre ci viene detto tutto
quello che c’è da sapere riguardo al problema da risolvere, per timore di un
giudizio o più semplicemente perché non si conoscono effettivamente tutte le
cause del problema. Questo non denota incapacità imprenditoriale o non
conoscenza della propria azienda, in cui sono tanti gli aspetti che si
sviluppano e si accumulano portando a un “errore”. Semplicemente trovandosi
connessi, al personale, al sistema produttivo, al management e alla direzione,
al pari di un chirurgo alle prese con una diagnosi, è necessario fermarsi a
sviscerare tutto, fino a trovare la soluzione.
È, probabilmente, banale
sottolineare il fatto che si chieda proprio al professionista la soluzione
(altrimenti perché chiamarlo?!), eppure a volte e a seconda della tipologia
produttiva, sono i tempi a dettare legge rispetto all’obiettivo.
Mi spiego meglio.
Un problema da risolvere può
essere radicato nel modus operandi dell’azienda e che non si riconosca
nemmeno come errore, se non nel momento in cui un occhio esterno può
constatarlo e rilevarlo (un fornitore, un cliente dell’azienda, un altro
professionista, ecc). In questi casi, ciò che viene richiesto è appunto nel
lungo periodo, con il giusto tempo di osservazione e approfondimento, ma non
mai troppo rispetto alle attese del cliente.
Altro caso in cui un problema si
verifica nel corso della consulenza e viene, pertanto, sottoposto al
professionista in corso d’opera. Il tempo di risposta (e non una risposta
lasciata al caso, ma quella giusta) si riduce drasticamente, perché il cliente
si fida del professionista, si aspetta dalla sua competenza (non esperienza,
necessariamente!) di poter risolvere un problema ora che si è creato.
In buona sostanza, in entrambi i
casi, siamo chiamati a rispondere al cliente con delle soluzioni efficaci nel
breve e nel brevissimo periodo, al pari di un chirurgo in pronto soccorso.
La funzione reale e più
confacente alla figura del professionista è proprio quella risolutiva.
Il professionista può risolvere
qualsiasi problema rispetto al proprio settore di competenza, perché sa dove
guardare, sa come comunicare, ma sa soprattutto mettere insieme tutti gli
indizi per proporre soluzioni compatibili con le esigenze aziendali.
Questo, a volte, può non
realizzarsi per semplice incompatibilità tra le parti, non diviene questione di
competenza o professionalità.
Alla base di tutte le
collaborazioni e relazioni, rimane il fatto che siamo persone che interagiscono
con altre persone. Può funzionare, come può disfunzionare.