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14 Maggio 2022
Procedure e tracciabilità alimentare.
Tiziana Procopio
tempo di lettura: 4 min
Abbiamo già affrontato in
precedenza il concetto di rintracciabilità alimentare, ovvero il percorso a
ritroso dal prodotto alimentare alle materie prime, lungo tutta la filiera
produttiva.
Il fine ultimo di tale percorso e
lo stesso vale anche per la tracciabilità (per il percorso inverso, dalle
materie prime fino al prodotto finito lungo tutta la filiera produttiva), è
quello di rilevare e analizzare, in caso di non conformità (NC), le eventuali
fasi in cui il livello di rischio sia divenuto tale da causare l’errore (anche
detto pericolo di contaminazione alimentare).
Cosa tracciare.
Il Regolamento (CE) n.852/2004 definisce
le linee guida da seguire per tutte le attività produttive che destinano alla
commercializzazione di prodotti alimentari non di origine animale, a cui
riferisce invece il Reg. (CE) n. 853/2004.
Come detto, ciò che la normativa
impone alle aziende produttrici riguarda soltanto Linee guida per obiettivi, lasciando libera creatività alle aziende
su come perseguirli, a seconda delle caratteristiche di ogni singola unità
produttiva e prodotto in produzione.
Come ci si orienta?
Si parte soprattutto dalle
esigenze produttive, dalla tipologia di prodotto e dall’analisi dei rischi da
parte di un professionista, per poi definire eventuali punti critici da
monitorare e rilevare dati specifici per alcuni segmenti puntuali della
produzione.
Come tracciare.
Anche sui metodi di rilevamento,
la normativa, lascia libera organizzazione all’azienda produttrice rispetto al
come arrivare all’obiettivo di rilevamento per la tracciabilità e
rintracciabilità finali.
C’è tuttavia un principio cardine
nella definizione dei piani di autocontrollo e nel monitoraggio delle
produzioni: mai ostacolare la
produzione, che rimane di primaria importanza, anche dinanzi ad un obbligo
normativo. Il buonsenso del professionista deve far prevalere la necessità
di non ostacolare il guadagno aziendale per più motivi:
L’obbligo normativo perché divenga accettato e compreso
dall’imprenditore è importante che non sia per l’azienda un nemico, un
competitor: la normativa deve essere uno strumento per l’imprenditore, non già
un mero dovere.
Anche se richiede maggiore impegno, l’utilizzo del sistema
di autocontrollo deve essere proposto all’imprenditore come uno strumento che
può anche supportare e incentivare un miglioramento nelle produzioni aziendali
e nell’organizzazione del sistema produttivo: a prescindere dall’obbligo normativo.
Pertanto, una volta analizzate le
fasi produttive nel dettaglio, si procede al mero rilevamento dati da parte dei
preposti alle mansioni di coordinamento e dei responsabili, tramite procedure.
Perché tracciare.
Pochi attenti consumatori sanno
che le informazioni in merito alla tracciabilità rilevata, anche presso punti
vendita della GDO (soprattutto!), sono a disposizione di tutti i consumatori in
qualsiasi momento.
In prossimità dei banchi di
preparazione di carne, pesce, gastronomia, pasticceria, sono presenti tabelle e
documenti attestanti l’origine dei prodotti in vendita: non solo, viene
riportata l’origine del prodotto con tutte le fasi della filiera produttiva,
che rimangono in disponibilità di tutti i consumatori, anche se i prodotti
presenti in queste particolari aree di trasformazione (perché il taglio è una
fase di trasformazione di prodotto), sono prodotti non ancora confezionati e
pertanto non provvisti di etichetta ben visibile.
Oltre alla trasparenza per il
consumatore e all’obbligo di legge, poter tracciare le materie prime
commercializzate e provenienti da altre fasi della filiera, consente anche ad
ogni singolo produttore e/o venditore, di lavorare bene e in maniera più
efficiente e funzionale.
Sull’etichetta non compare.
Tutto il lavoro dei vari passaggi
di filiera, è un lavoro quotidiano e attento, che si, talvolta non viene
sufficientemente valorizzato.
Tuttavia, in etichetta, ormai da
diverso tempo, è obbligatoria l’indicazione dell’origine del prodotto: carne,
pesce, insaccati o trasformati della carne, olio d’oliva, miele e uova.
Non di meno, negli ultimi anni
anche latte e derivati, pasta, pomodoro e derivati, riso, hanno avuto il via
libera del Ministero dell’Agricoltura per la prova sperimentale
sull’indicazione dell’origine in etichetta.
Il perché ridurre la
tracciabilità della filiera a una mera indicazione di origine in etichetta è
presto detto. Conoscere la provenienza di un alimento determina:
la conoscenza delle
condizioni in cui esso è stato prodotto (anche se solo a grandi linee e di
difficile reperimento nel dettaglio);
la conoscenza del
tragitto che il prodotto ha percorso fino alla nostra tavola;
la conoscenza delle
normative differenti tra diversi continenti, o anche solo al di fuori
dell’Italia (che rimane il più efficiente sistema di sicurezza alimentare ad
oggi).
Pertanto, e ancora una volta,
riteniamo opportuno suggerire l’utilizzo e l’acquisizione di informazioni
essenziali e soprattutto disponibili per il consumatore, ogni qual volta ci si
trovi ad acquistare un prodotto agroalimentare.
L’informazione e la conoscenza
sono sempre a favore della qualità.
La nostra scelta, in massa o
singola, determina l’andamento del mercato, delle norme, del sistema qualità di
ogni singolo produttore. Volente o nolente.